mercoledì 11 novembre 2015

Corriere 11.11.15
Il cinema. Nella paura, nella perdizione
Quei fantasmi sullo schermo
di Paolo Baldini


L’origine e la rivoluzione. Il cinema uscì dall’ombra in una fredda sera parigina di 120 anni fa, e subito ne fu di nuovo prigioniero: 28 dicembre 1895, Boulevard des Capucines, Auguste e Louis Lumière organizzano la prima proiezione pubblica. Trentatré spettatori, dieci piccoli film: il treno, il mare, la fabbrica, le repas du bebé .
Con le ombre, il cinema ricostruisce i sogni, la sua materia prima, e il profilo del mondo. Scatenare emozioni è anche la missione degli scavalcamontagne che, tra la fine dell’800 e i primi anni del 900, portano il cinema nelle piazze. Devono fare i conti con gente semplice che crede di assistere a un prodigio. In breve, le acrobazie poetico-spaziali di Georges Méliès sostituiscono, nel gusto del pubblico, trucchi e illusioni dei maghi del circo.
Con l’avanzare della tecnologia, le ombre cedono più spesso il passo a un mondo in piena luce. Ma il chiaroscuro resta un punto fermo. Al Muto s’addice il bianco/nero, il sonoro preferisce il colore. Le ombre sono il male, il velo alla verità, la disperazione, la paura, la porta che si apre sulla notte più buia. Negli anni Venti rappresentano il pane quotidiano dei maestri del cinema tedesco e dell’Espressionismo, da Pabst a Jutzi. La qualità delle pellicole contribuisce alla leggenda: Il gabinetto del dottor Caligari (1920, Robert Wiene), Nosferatu il vampiro (1922, Friedrich W. Murnau, dal Dracula di Bram Stoker), Il dottor Mabuse (1922, Fritz Lang). Chi non ricorda le oscurità, espressive e psicologiche, di M - Il mostro di Düsseldorf (1931, Fritz Lang), storia del killer Peter Lorre che, inseguito persino da mendicanti e criminali, uccide le bambine fischiettando un macabro motivo dal Peer Gynt di Grieg? O le sagome di Metropolis (1927, Fritz Lang), che con il trionfo delle macchine prefigurava disastri successivi alla Repubblica di Weimar citando la Bibbia e i dipinti di Brueghel?
Ambienti tenebrosi accompagnano i noir americani anni Quaranta. Non ci sono telefoni bianchi a Hollywood. Poca luce nell’incontro fatale tra Fred MacMurray e Barbara Stanwyck in La fiamma del peccato (1944, regia di Billy Wilder). Ombre bianche è il titolo del kolossal del 1928 firmato da W. S. Van Dyke, che subentrò a Robert Flaherty: ambientato in Polinesia dopo un naufragio, è un capolavoro figurativo. Hitchcock fu un maestro nel manovrare le oscurità: forse il migliore dei suoi film è L’ombra del dubbio (1943), con Joseph Cotten e Teresa Wright.
Boris Karloff è il protagonista de L’ombra che cammina , horror del 1936 di Michael Curtiz. E che allegria con la saga dell’uomo-ombra: il poliziesco incrocia la commedia trascinando nell’olimpo del cinema due attori fino ad allora di serie B, William Powell e Mirna Loy, interpreti dal 1934 al 1947 di Nick e Nora Charles, detective da salotto. In Ombre malesi di William Wyler (1940) Bette Davis è la moglie meravigliosa ma forse assassina di un coltivatore di alberi della gomma a Singapore. Le ombre sono rosse nel più classico dei western (1939, John Ford): la diligenza di John Wayne corre nel Far West tra due ali di Apaches. Ombre è il titolo di un film dimenticato di John Cassavetes del 1962: Manhattan anni 50, come una partitura jazz.
L’Italia, Paese del sole e del cielo azzurro non ama le atmosfere opache. Preferisce lasciarle al cinema di genere. Dario Argento gira Tenebre nel 1983 con Anthony Franciosa, Daria Nicolodi e una giovane Veronica Lario. Woody Allen costruisce Ombre e nebbia (1991) sulle luci fioche e il bianco/nero di Carlo Di Palma. L’ombra, non di rado, diventa sinonimo di alter ego creativo. L’esempio è The ghost writer (2010) di Roman Polanski dal romanzo di Robert Harris. Gebo e l’ombra (2012) è, infine, uno dei film più intensi di Manoel de Oliveira. Claudia Cardinale, Jeanne Moreau, Michael Lonsdale raccontano i cambiamenti sociali anni 20 attraverso il dramma del contabile Gebo che vive di nulla, pane e onestà, e ha un figlio poco di buono. Il lato oscuro è una macchia nella reputazione. Ma Gebo è sicuro: ombra scaccia ombra.