Corriere 10.11.15
L’austerità e gli ultimi habitué dei catto-party
Difficile sgusciare furtivi in 700 e più in un portone a due passi da via della Conciliazione, perciò tanto vale godersi la ricorrenza con moderata contrizione, che tra corvi e spioni, non è il momento di dare nell’occhio in Vaticano. E ritrovarsi in un amen tra quegli «scribi dalle lunghe vesti che amano i primi posti nei banchetti», appena redarguiti da papa Francesco. Buon per loro che novembre non è stagione di terrazze, e quindi domani alla festa per la Beata Vergine Maria Regina della Palestina, patrona dell’ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, il tintinnare di forchette e cristalli verrà attutito dai soffitti a cassettone del palazzo cinquecentesco di Borgo Santo Spirito, al civico 23. Dove il Gran Maestro, il cardinale Edwin Frederick O’Brien, americano del Bronx, riceverà un campione assortito di sempiterno generone romano miscelato con aristocrazia quanto basta (dai principi Ruspoli, Giovanelli e Rospigliosi e via fino al nobiluomo Mercuri da Cepparello) per un cocktail rinforzato da tutto esaurito. Anche perché, sotto il pontificato di Bergoglio, le mondanità religiose sono ridotte all’osso. «C’è una fifa boia», sintetizza un frequentatore di catto-party che di colpo si ritrova il carnet sguarnito. Sembrano lontani i giorni in cui il cardinale Franco Camaldo, decano dei cerimonieri papali, danzava e brindava a Palazzo Ferrajoli, finestre su piazza Colonna, in estrosa compagnia. E quando un posto fisso al tavolo di Maria Angiolillo in piazza di Spagna era del cardinale Giovanni Battista Re, lo stesso che celebrò messa sotto i faggi al santuario di Campagnano e poi scese alla villa di Mario D’Urso a mangiare la porchetta. L’unica tonaca che si incrocia spesso nei salotti è quella di monsignor Luigi Casolini, diocesi di Tivoli, che alle croci di ferro continua a preferire quelle d’oro, arruolato dalla platinata Daniela del Secco d’Aragona, marchesa ed ex concorrente di Pechino Express, come precettore di bon ton ecclesiastico. Non ci sono più i porporati di una volta. «Eh, ormai fanno tutto di nascosto», sospira Umberto Pizzi, fotografo di ogni Grande Bellezza e Bruttezza romana. «Un tempo non c’era festa, pure ai circoli del tennis, a cui non beccavi almeno un monsignore».