martedì 6 ottobre 2015

Repubblica 6.10.15
Il progetto
Sciopero solo se il 30%è d’accordo
Il governo pensa a un piano per evitare il caos delle micro-sigle: divieto per i sindacati che rappresentano meno del 5 per cento dei lavoratori. Previsto un consistente consenso. Ma la strada è ancora lunga. Il caso Giubileo
di Luisa Grion


ROMA Lavori in corso sulla riforma degli scioperi. Sul fatto che siano da evitare altri «venerdì neri» dei trasporti , altre figuracce con il resto del mondo per via del Colosseo chiuso ai turisti - più o meno - tutti sono d’ accordo. Sul come raggiungere l’obiettivo ancora no.
Al di là dei vari disegni di legge che continuano a fare il loro percorso in Parlamento (e che ai sindacati non piacciono perché troppo restrittivi), il governo sta lavorando per trovare una via d’uscita che coinvolga le principali sigle. Nè Palazzo Chigi, nè i ministeri più direttamente interessati (Infrastrutture e Lavoro) sembrerebbero infatti intenzionati ad aprire un altro fronte conflittuale con le parti sociali, dopo il già tanto discusso decreto Franceschini che ha inserito i servizi culturali fra quelli sottoposti alle limitazioni della legge 146. La parola d’ordine per uscire dall’impasse potrebbe essere «rappresentanza ». Stop all’anarchia delle micro sigle: lo sciopero, nell’ipotesi a cui si sta lavorando, potrà essere indetto solo da categorie che rappresentino almeno il 5 per cento dei lavoratori e con il consenso di una fetta consistente di dipendenti. Il nodo, però sta proprio in questa «consistenza», che non dovrebbe essere il 50 per cento proposto dal disegno di legge Ichino (secondo i sindacati ciò rende di fatto impossibile la protesta), ma che sembra possa avvicinarsi al tetto del 20-30 per cento. Tale progetto prende spunto da un disegno presentato in Commissione Lavoro alla Camera dal presidente Cesare Damiano e nei fatti non dovrebbe incontrare grossi ostacoli da parte delle principale sigle (Cgil, Cisl e e Uil) che sul «conteggio» degli iscritti hanno firmato un accordo con Confindustria. Ma il percorso legato alla rappresentanza richiede tempi non brevi - l’Inps che dovrebbe certificare i numeri è bloccato dalla resistenza delle aziende che tardano a fornire i dati - e le emergenze sono all’ordine del giorno. Una su tutte: il Giubileo. L’8 dicembre si apre l’ Anno Santo e la capitale è funestata da una media di due scioperi dei trasporti al mese. Serve una soluzione lampo che eviti disagi ai pellegrini: ecco perché si lavora ad una sorta di «moratoria», un accordo con i sindacati sulla stessa linea di quello siglato per l’Expo di Milano.
Un altro nodo difficile da sciogliere riguarda poi proprio il decreto Franceschini, in questi giorni in discussione in Commissione Lavoro alla Camera. Damiano è d’accordo sul fatto che la fruizione dei beni culturali sia collocata fra i servizi essenziali (fatto che da più parti è stato considerato una forzatura). Ma il punto, dice, «è che il governo vuole che l’apertura di siti e musei sia sempre garantita: l’apertura, non la sorveglianza come oggi già accade». «E come si fa ad esercitare diritto di sciopero o di assemblea se bisogna garantire sempre l’apertura? A mio avviso le due cose sono incompatibili - commenta Damiano- A meno che non si possano trovare accordi su siti di particolare interesse o non si stabiliscano precise regole con le parti sociali».