Repubblica 4.10.15
Pierre Moscovici
“Se Renzi taglia le tasse deve compensare il mancato gettito con risparmi strutturali”
Il commissario europeo per gli Affari economici: “Bruxelles deve fissare i fini, ma i mezzi per raggiungerli spettano ai singoli governi”
intervista di Anais Ginori
PARIGI «Abbassare la pressione fiscale è possibile ma bisognerà compensare con dei tagli strutturali alla spesa pubblica». Pierre Moscovici lancia un monito al governo Renzi. Il commissario per gli Affari economici esaminerà tra qualche settimana le leggi di Stabilità dei vari governi.
«Sono convinto che la fase acuta della crisi sia alle spalle, la ripresa c’è anche se è ancora debole – spiega Moscovici durante un incontro con alcuni giornalisti europei – ora dobbiamo passare a una nuova fase di riforme».
Matteo Renzi ha promesso di abbassare le tasse l’anno prossimo. La Commissione darà il suo via libera?
«Da ministro delle Finanze sono stato uno dei primi a protestare contro l’eccessiva pressione fiscale, quindi non sono ostile neppure adesso.
Mi ricordo una volta, nel 2012, quando arrivai a Bruxelles da Olli Rehn, il mio predecessore, per discutere del bilancio francese. In quel momento la Commissione dava una serie di prescrizioni molto rigide sulle misure da prendere. Avevo risposto a Rehn che credevo che la Commissione dovesse fissare i fini, lasciando ai governi scegliere i mezzi. Non ho cambiato idea».
Nessuna preoccupazione per il risanamento dei conti pubblici?
«Vigilerò su due cose: l’impatto sulla ripresa e il mantenimento dei parametri di bilancio, sia sulle cifre che a livello strutturale.
E’ quello che ho spiegato a Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan quando ci siamo visti l’ultima volta, qualche settimana fa».
Cosa vi siete detti?
«Renzi mi ha parlato della sua intenzione di abbassare alcune tasse. Ho risposto che può fare come meglio crede ma che, contestualmente, dovrà presentarci dei risparmi strutturali sulla spesa pubblica che compensino il mancato gettito fiscale.
Insomma: l’impegno complessivo sull’equilibrio dei conti deve rimanere inalterato ».
Renzi le ha dato sufficienti garanzie?
«So che il mio messaggio è arrivato. Ora aspetto di ricevere la legge di Stabilità per cominciare una vera discussione.
Questa Commissione continuerà a far rispettare le regole fissate ma facendo leva su alcune flessibilità che già esistono nei Trattati per incoraggiare i governi che investono e fanno delle riforme».
Tra qualche settimana presenterà le previsioni di crescita. La situazione in Cina avrà un impatto sulle nostre economie?
«L’eurozona è uscita dalla fase acuta della crisi, la ripresa è solida. E’ giusto guardare quel che accade in Cina o in Russia ma per ora non credo che ci sarà un impatto sull’Europa. Sono certo che non dovremo modificare le previsioni di crescita per il 2015».
E per l’anno prossimo, ci sono segnali negativi?
«Ci potranno essere dei ritocchi al ribasso, ma in un contesto che resta favorevole. Siamo avanti con il riequilibro di bilancio in molti paesi e il piano di investimenti Juncker comincerà presto a produrre i suoi effetti. La maggior parte dei governi raccoglie i frutti delle riforme strutturali già avviate».
Bisogna continuare sulla strada delle riforme?
«Sì, ma senza riproporre eternamente riforme concepite durante la crisi. Per chi è socialdemocratico come me, riforma è sinonimo di progresso, non regressione. Servono azioni che migliorino il tessuto produttivo ma anche la giustizia sociale, investendo nel capitale umano.
La chiave di tutto è l’educazione così come la formazione professionale. Un tema che si collega all’integrazione dei rifugiati: a mio avviso si tratta di una straordinaria opportunità anche economica ».
Lei parla di integrazione ma l’Europa si divide sulla prima accoglienza.
«Sono d’accordo con Juncker: abbiamo poca unione in Europa, e troppo poca Europa nell’Unione. Vorrei lanciare un appello a un nuovo movimento intellettuale e filosofico per combattere il populismo, i movimenti xenofobi e nazionalisti.
E’ il momento di aprire un nuovo dibattito delle idee su cosa significa per noi l’Europa».
L’allargamento a Est è stato un errore?
«Per me che ho un padre rifugiato rumeno e una famiglia materna di origine polacca è stato naturale aprire le porte dell’Europa a quei paesi. Un errore però c’è stato. Avremmo dovuto subito consolidare l’Europa allargata, mettendo in chiaro valori e principi.
Purtroppo la mancata approvazione della Costituzione europea nel 2005 è stata una formidabile occasione mancata».
Lei ha vissuto in prima linea le lunghe trattative contro il Grexit. Perché è stato così difficile trovare un accordo?
«Con un’uscita della Grecia, l’euro non sarebbe più stata una moneta unica ma una zona a cambio fisso. Come ci ha spiegato Mario Draghi durante un Eurogruppo: nella storia monetaria non c’è mai stata una zona a cambio fisso che sia sopravvissuta. Ecco perché mi sono battuto per mantenere Atene nell’eurozona.
Alla fine ci siamo riusciti ma abbiamo capito che soffriamo che c’è un problema di governance.
Sono convinto che l’eurozona abbia bisogno di un Ministro delle Finanze, di un Tesoro e di un bilancio proprio ».
Il suo giudizio su Alexis Tsipras?
«Ho conosciuto due Tsipras. Il primo era un uomo di partito. Il secondo è un uomo di Stato che ha abbandonato l’ideologia ed è la persona giusta per portare la Grecia fuori dalla crisi».