martedì 27 ottobre 2015

Repubblica 27.10.15
Primo Levi la biologia è fantasia
Alla scoperta di cosa si nasconde dietro la cultura scientifica dello scrittore
di Stefano Bartezzaghi


Dopo “Se questo è un uomo” (De Silva, 1947; Einaudi, 1958) e “La tregua” (Einaudi, 1963), Primo Levi pubblicò due libri di racconti: “Storie naturali” (Einaudi, 1966) e “Vizio di forma” (Einaudi, 1971). Su suggerimento del suo editore, il primo fu pubblicato con uno pseudonimo, Damiano Malabaila: erano infatti racconti «strani », anomali sia nei confronti della letteratura italiana dell’epoca sia in quelli della produzione precedente di Levi Sulla fascetta editoriale avvolta alla copertina delle “Storie naturali”
era scritto: «Fantascienza?» A indicare un genere meglio appropriato fu un amico e consigliere letterario di Levi, Italo Calvino (che a sua volta nel 1965 aveva firmato Le Cosmicomiche): più che fantascienza, «fantabiologia ». Sono storie di un mondo non dissimile dal nostro, ma in cui è possibile che venga inventato un farmaco capace di agire sulla percezione soggettiva del tempo e, realizzando l’auspicio di Faust, «fermare l’attimo»; o in cui un rappresentante di macchine d’ufficio convinca un poeta ad acquistare «il Versificatore», elaboratore capace di comporre poesie in ogni metro e argomento.
A questo Primo Levi almeno apparentemente lontano da Auschwitz e più vicino alla sua prima professione, quella di chimico, è dedicata la settima delle solenni «Lezioni» organizzate dal Centro Studi Internazionali Primo Levi (29 ottobre, ore 17.30, al Centro Incontri della Regione Piemonte, Torino). Francesco Cassata, che insegna Storia della scienza all’Università di Genova, parlerà di come questa parte meno celebrata dell’opera leviana metta in dialogo letteratura e scienza e in che relazione sia con le opere che di Levi consideriamo maggiori.
Due dei racconti della seconda raccolta, Vizio di forma , appartengono a una sorta di fantabiologia letteraria. Levi immagina che uno scrittore riceva la visita del protagonista di un suo romanzo. Al comprensibile stupore dell’autore che l’ha creato con la sua fantasia, il personaggio risponde che esiste un parco in cui vive una società di personaggi letterari, la cui vita, in tutto simile alla nostra, è alimentata dalla memoria dei lettori. Nel secondo racconto, l’autore stesso dopo la sua morte biologica va a vivere nel parco (aveva scritto un’autobiografia apposta per trasformarsi in personaggio letterario), dove incontrerà i protagonisti della letteratura mondiale, in un ménage quotidiano e di allegra stravaganza. Ofelia, per esempio, si è stufata di Amleto e vive da vent’anni con Sandokan. Nel titolo del primo dei due racconti, l’aggettivo «creativo» era, all’epoca, pressoché anomalo: la moda della creatività era infatti ai suoi primi passi. Molti anni dopo, senza dar mostra di conoscere questo precedente leviano, il critico George Steiner avrebbe detto che se in letteratura c’è creazione non è nell’espressione linguistica, che è sempre una combinatoria di elementi dati (come per il Versificatore immaginato da Levi), ma è proprio nella creazione di personaggi, figure e caratteri che sopravvivono nella memoria dei lettori.
Ai due racconti sul Parco è dedicato, autrice Anna Baldini, il primo dei quattro saggi del volume di critica linguistica Prisma Levi (a cura di Heike Necker). La collana in cui esce è diretta dal linguista Nunzio La Fauci, che firma anche due degli altri saggi (uno come autore, l’altro come coautore). Se Anna Baldini mostra il rapporto ironico e anche rivelatorio che i racconti Lavoro creativo e Nel parco intrattengono con l’attività letteraria dello stesso Levi, gli altri saggi si soffermano su Se questo è un uomo : il primo (di Nunzio La Fauci) è un’analisi linguistica delle ricorrenze della parola «fame»; Liana Tronci parla del variegato uso del presente e infine La Fauci e Tronci affrontano l’uso di pronomi «io» e «noi» nel primo libro di Levi. «Noi è Io alla n», ha postulato una volta Alessandro Bergonzoni. E in effetti l’analisi linguistica mostra la diversità di usi dei pronomi di prima e quarta persona che Levi alterna nel suo libro. Se ne trovano ben tre diversi, in poche righe: «Come diremo, dalla fabbrica di Buna in cui noi soffrimmo e morimmo innumerevoli... ». «Diremo» è un plurale maiestatis, solo formale: è l’io narrante che parla; il Primo Levi «salvato ». Il soggetto di «soffrimmo» è un noi che include sia i salvati sia i sommersi di Auschwitz; quello di «morimmo» include solo i sommersi, fra cui si annovera anche l’io non più narrante ma «esperiente » di Primo Levi. Ecco come le categorie grammaticali, ovvero le strategie di enunciazione dell’autore, configurano il senso del discorso. Introducendo il volume, La Fauci afferma che Levi è diverso da ogni altro testimone della Shoah perché conscio di essere soggetto a un vastissimo esperimento biologico: la riduzione di un’intera popolazione umana a condizioni che umane non sono. Quella che fece del Lager partecipava sia al senso di «esperienza » più vicino all’ Erlebnis tedesco (il «vivere qualcosa») sia a quello più vicino alla sperimentazione scientifica. Il libro in cui ce la trasmise si avvantaggiò della formazione duplice dell’autore («Io sono un Centauro», diceva di sé): giovane chimico di laboratorio e, prima, studente appassionato di letteratura, fornito di vasta strumentazione linguistica.
Proprio la scrittura classica e nitida di Levi, che ne fa un grande maestro di stile, è secondo Marco Belpoliti responsabile del famoso rifiuto editoriale riservato da Einaudi alla prima stesura di Se questo è un uomo (su cui tante sciocchezze maligne si sono profuse): una scrittura lontana dalla temperie neorealista e modernista allora in vigore. Belpoliti ha ripreso il saggio di La Fauci e Tronci sui pronomi nel suo Primo Levi di fronte e di profilo (Guanda). Il libro è una sorta di enciclopedia leviana e di punto d’arrivo, avanzato per quanto sempre provvisorio, di quella rilettura critica di Levi (spesso, lettura tout court ), che è incominciata negli anni Novanta e che deve molto al lavoro di scrittore e critico di Belpoliti, a partire dalla sua cura delle opere di Primo Levi (Einaudi, 1997), di cui sta preparando una nuova e aumentata edizione (sempre per Einaudi).
Il volume di Guanda riassume e riorganizza in lemmi, capitoli tematici e materiali svariati il ventennio di studi che Belpoliti ha dedicato a Levi, sempre dialogando con critici, storici, filosofi, linguisti, psicologi spesso da lui sollecitati a misurarsi con uno scrittore così noto e ignoto al tempo stesso. Strappato a un ruolo di testimone appartato di una tragedia colossale e restituito alla sua dimensione di scrittore completo e complesso, Levi esce dal libro frastagliato e appassionante di Belpoliti come una figura caleidoscopica: testimone, inventore, tragico, umorista, dantesco, rabelaisiano, scienziato, giocatore, centauro malinconico e allegro, compagno severo e maestro amichevole per i nostri percorsi di lettura, e di pensiero e vita.
IL LIBRO Marco Belpoliti, Primo Levi di fronte e di profilo, (Guanda, pagg. 735, euro 38)
IL LIBRO AA.VV. Prisma Levi, a cura di Heike Necker (Ets, pagg. 94, euro 12)