domenica 25 ottobre 2015

Repubblica 25.10.15
La necessità di un’etica comune contro gli impostori
Il documento del Cnr è un importante riferimento da cui partire per definire un modello di condotta standard
di Elena Cattaneo


Se si svolge un’attività dove le cose che si rendono pubbliche non sono opinioni, ma intendono descrivere fatti e aspirano a cambiare il modo di vedere il mondo, si rischia di sbagliare. Le conquiste scientifiche sono sempre enormi ma l’errore può essere in agguato, soprattutto se si esplora l’ignoto. La frode nelle pubblicazioni scientifiche è invece tutt’altra cosa. È difficile capire cosa spinge uno scienziato a barare sui dati che raccoglie. Forse è presunzione intellettuale o desiderio di notorietà. E la convinzione (errata) che barare su come stanno le cose in natura non sia un modo di delinquere. Senza trascurare l’errata percezione di restare impuniti.
Che fare per correggere la scienza? Esistono almeno due modi. Il primo consiste nell’utilizzare, ancora una volta, il metodo scientifico. Dal 2001 al 2010 sono stati pubblicati circa il 44% in più di articoli scientifici, mentre il numero di quelli ritirati per errori o frodi è aumentato di 10 volte. Preoccupante, certo. Ma in valori reali, nel 2010 sono stati pubblicati circa 1.500.000 di articoli peer reviewed , quelli ritirati sono stati 339, contro i 122 del 2001. Questi numeri rappresentano solo una parte di un fenomeno più vasto anche perché il numero di pubblicazioni è in continuo aumento.
Circa un terzo degli articoli ritirati contengono una frode e quasi i due terzi dei casi indagati per cattiva condotta riguardano la manipolazione di immagini. L’aumento delle ritrattazioni risale alla seconda metà degli anni Novanta e si collega alla diffusione di programmi come Photoshop. Di pari passo la tecnologia aiuta però anche a smascherare gli impostori. Esistono software che in una notte analizzano migliaia di immagini e rivelano “incongruenze” quasi invisibili all’occhio umano. Talvolta però basta solo un po’ di attenzione da parte del ricercatore. Recentemente, io stessa, studiando alcuni articoli di un professore audito in Senato sugli Ogm, ho notato vistose anomalie nelle immagini. Dopo aver atteso invano i chiarimenti dell’autore, non ho potuto non segnalare la circostanza agli editori delle riviste in cui quegli articoli erano stati pubblicati. La scienza funziona così. Ciascuno di noi è sentinella, controllore e controllato del lavoro proprio e altrui. Ecco perché sono bastati due mesi per scoprire la frode presente nell’articolo della giovane ricercatrice giapponese pubblicato lo scorso anno su Nature . Lei perse il posto. Uno degli autori, Yoshiki Sasai, rigoroso scienziato, autore di scoperte che hanno scolpito la storia dell’embriologia, non poté perdonarsi di non essersi accorto che la collega aveva manipolato dati e figure. Si suicidò. Non si scherza con la scienza.
Anche le riviste open access hanno contribuito all’esplosione dei casi di cattiva condotta con la moltiplicazione di editori e riviste anche in paesi per ora meno sviluppati scientificamente. Queste riviste offrono pubblicazioni a pagamento di fatto senza peer review . Nel 2013 questo sistema si è dimostrato altamente permeabile alle frodi. Un giornalista di
Science , ad esempio, ha ottenuto l’accettazione di un manoscritto completamente inventato da ben il 60% delle riviste cui era stato inviato.
Il secondo modo per dare forza alla buona scienza, oltre alla vigilanza e all’uso sistematico di software di controllo da parte degli editori, prevede la condivisione di regole e procedure per marginalizzare – osservate le dovute garanzie di difesa – chi, con condotte fraudolente, rompe il patto che lo lega alla comunità scientifica.
La rivista Lancet nel 2013 segnalava come l’Italia fosse tra le poche nazioni europee prive di legislazione in materia o di linee guida. Lo scorso marzo l’Accademia dei Lincei ha dedicato un’intera giornata all’etica della ricerca e, da poco, il CNR ha licenziato delle linee guida dedicate all’”integrità della ricerca”. Diverse Università stanno lavorando in una simile direzione. Oggi il documento del CNR è un importante riferimento da cui partire per definire un modello di standard italiano per la valutazione delle condotte dei ricercatori. La condivisione di metodi, regole e obiettivi, deve essere vincolante. Tutto ruota intorno a semplici passaggi che definiscono la nostra polizza assicurativa più importante: il rapporto con la società. Alla quale non si può mentire. Mai.
L’autrice è docente dell’Università degli Studi di Milano e senatrice a vita