domenica 25 ottobre 2015

Repubblica 25.10.15
Il protagonista
“Fermare i populisti in nome dell’Europa ecco la nostra sfida”
Per Adam Michnik, stratega di Solidarnosc, il modello di Stato autoritario proposto da Orbàn in Ungheria rischia di dilagare se oggi a Varsavia vince la destra
intervista di Andrea Tarquini


VARSAVIA «Da noi, ma un po’ovunque in Europa, assistiamo alla crescita di tendenze populiste e xenofobe, per molti il modello è lo Stato autoritario di Orbàn e Putin. Se sceglieremo così tra poche ore, inutile chiedere poi all’Europa di aiutarci». Adam Michnik, eroe del ’68 polacco e poi stratega di Solidarnosc, svolge un’analisi lucida e spietata.
Perché la Polonia, da cui partì la rivoluzione, cade contagiata da queste spinte?
«Perché appunto sono tendenze vive in tutta Europa. È veramente molto pericoloso il modello che propugnano, anche da noi: uno Stato autoritario. Una logica di regresso anziché sviluppo della democrazia, il modello dello Stato antiliberale, che Orbàn per esempio non si stanca di elogiare lodando Erdogan, Putin o Teheran. Ecco cosa è in gioco nel voto di oggi in Polonia ».
Quali sono le proposte più pericolose dell’ex premier conservatore Jaroslav Kaczynski e del suo partito Diritto e Giustizia (PiS)?
«Non sono proposte formulate apertamente (e attuate) come quelle di Putin o di Orbàn. Non parlano apertamente di discriminazione di ogni voce indipendente, di attacco alla libertà di media o giustizia, o di emarginazione dell’opposizione. Però lo slogan del PiS in campagna elettorale basta a dire tutto: “ Portiamo Budapest a Varsavia”. Significa il rigetto
de facto dei valori repubblicani, della politica democratica, significa anche la discriminazione futura degli oppositori e di ogni voce dei cittadini che pone domande scomode».
Vuol dire che rischiate una “orbànizzazione” strisciante?
«Non so dire se rischiamo sviluppi analoghi a quelli portati in Ungheria da Orbàn in tutto e per tutto. Affermarlo sarebbe prematuro, la società civile resta forte. Ma il solo fatto che simili idee possano avanzare qui è un fatto importante, sarà un mutamento reale, non solo un cambio di governo ».
Se i conservatori vinceranno, torneranno alla linea dura contro l’Unione europea?
«Un PiS tornato al governo all’inizio sarà prudente, si mostrerà pragmatico e pronto al dialogo. Ma dal punto di vista della loro ideologia, il progetto di Europa che loro preferiscono è quello di Orbàn, non quello di Angela Merkel o Mario Draghi. Sono due visioni del mondo opposte».
L’Unione europea fa poco o nulla per aiutare la piccola Ungheria. Potrà fare di più per aiutare la Polonia ben più grande e “pesante”?
«No. Qualsiasi scelta è e sarà in mano ai polacchi. Se i polacchi preferiscono una tendenza autoritaria, antieuropea, sarà la loro responsabilità. Ma tutto è possibile. Speriamo che nonostante l’ammirazione per Orbàn i valori della nostra democrazia sopravvivano».
Il modello Orbàn diventa epidemia, se il PiS vince?
«Non così forte da sedurre l’Unione intera, i paesi fondatori. Ma il pericolo è serio soprattutto nelle giovani democrazie dell’Europa centrale e centro-orientale: Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Romania».
Quante colpe hanno i liberal di Platforma?
«Molti errori, certo. Hanno cominciato con la campagna elettorale per le presidenziali: brillavano per la loro assenza d’iniziative e d’idee. Per i loro avversari, per il PiS, è stato il segnale di lanciare l’attacco generale. Spesso la politica di Platforma è apparsa agli elettori troppo pragmatica e cinica, troppo poco ispirata a valori capaci di contrapporsi ai valori autoritari del PiS. Come sui migranti».
E la Chiesa?
«La scelta della Chiesa è fin troppo evidente. Il suo appoggio al PiS è chiarissimo. Ormai la Chiesa polacca non esita più nemmeno a rinnegare sia il grande insegnamento del dialogo che ci lasciò Giovanni Paolo II, sia i segnali di rinnovamento e apertura di Papa Francesco. Non a caso, del suo Verbo, delle sue prese di posizione, l’episcopato polacco parla molto poco e solo a modo suo, non si può dire che informi i fedeli polacchi come dovrebbe di quanto dice e propone da Roma il Santo Padre».