domenica 25 ottobre 2015

La Stampa 25.10.15
L’Argentina archivia i Kirchner ma già rimpiange l’ultima Evita
Cristina non si può ricandidare: tre “italiani” si contendono l’eredità
di Filippo Fiorini


Sono finiti i bagni di folla, i baci ai lattanti, le inaugurazioni a catena, i giri a piedi nelle baraccopoli e i giri di parole in risposta alle domande dirette. La campagna elettorale argentina è ufficialmente chiusa e, dalle 8 di questa mattina, i cittadini sono obbligati per legge a votare il loro prossimo Presidente, che per la prima volta dopo 12 anni non si chiamerà più Kirchner, ma avrà certamente un cognome italiano.
Nella corsa per la Casa Rosada di Daniel Scioli, peronista di centro, Mauricio Macri, destra liberale, e Sergio Massa, peronista conservatore, resta da chiarire se il primo riuscirà a spuntarla oggi o dovrà affrontare il ballottaggio. I sondaggi danno il 39% a Scioli, il 29% a Macri e il 22% a Massa, quando per evitare la seconda tornata bisogna raggiungere il 45% o per lo meno il 40, con dieci punti di scarto sul secondo.
L’unica persona che sarebbe in grado di vincere le elezioni al primo turno non può candidarsi. Dopo due mandati consecutivi, infatti, la Costituzione esclude la presidente Cristina Kirchner, nonostante goda ancora di grande consenso e possa ripresentarsi nel 2019. Sessantaduenne truccatissima, ma capace di smorfie da ragazzina e spontaneità, Cristina suscita passioni contrastanti che gli altri possono solo sognare.
Senza l’appoggio della Presidente, Scioli, considerato tiepido dalla sinistra, non sarebbe certo vicino al 40%. D’altra parte, nemmeno la somma dei candidati d’opposizione arriverebbe al 55%, se dietro le differenze, ognuno non fosse in primo luogo anti-kirchnerista.
Rimasta vedova cinque anni fa dell’ex presidente Nestor Kirchner, l’uomo che le passò il comando dopo aver portato il Paese fuori dalla crisi e messo in galera i torturatori della dittatura, Cristina ha fatto peggio del marito in termini tecnici, ma ha difeso meglio il potere.
I contadini, fortemente tassati, gli imprenditori, relegati dal protezionismo e i negozianti, sommersi da un’inflazione al 25%, sono meno uniti dei disoccupati assunti nelle fabbriche a sostegno statale, le ragazze madri che prendono il sussidio per i figli, le casalinghe con previdenza sociale e le giovani coppie a cui il governo paga appartamento e utilitaria.
Casse pubbliche vuote
Per sostenere la cosiddetta «politica della salsiccia e la Coca Cola», in riferimento al premio che i peronisti ricevono per partecipare alle adunate di piazza, Cristina ha dato fondo alle casse pubbliche. Davanti a chi denunciava la crescita esorbitante del suo patrimonio e il malaffare di personaggi a lei vicini, ha reagito con indifferenza e vendette segrete. Il prossimo presidente entra in carica con il Pil a zero, il crimine in aumento e sindacati turbolenti.
Sia Scioli sia Macri sono passati attraverso esperienze traumatiche. Il primo ha perso un braccio in un incidente d’offshore e ci ha guadagnato una storia che ripete spesso: «Ho toccato il fondo, ho reagito e sono arrivato fin qui». È stato vicepresidente di Nestor Kirchner e, da governatore, ha faticosamente tentato di modernizzare la provincia di Buenos Aires, un Far West grande come l’Italia.
Macri, figlio di un industriale che lo tratta come una mezza cartuccia, fu rapito quando aveva 32 anni. Durante la campagna è passato davanti alla casa in cui è stato tenuto prigioniero, ma ha fatto finta di niente. Buenos Aires lo ha eletto sindaco due volte, anche se è più celebre per essere stato presidente del grande Boca di fine Anni 90.
Massa non ha trascorsi altrettanto epici. Il suo programma legalitario perde forza davanti a un passato da ministro kirchnerista. Pensando ai nomi che troverà sulla scheda, l’altra notte un giovane peronista ha scritto davanti a casa della fidanzata: «Abbracciami finché non torna Cristina».