sabato 24 ottobre 2015

Repubblica 24.10.15
Poesia e psicoanalisi quei versi che aiutano a guardare il mondo e a contenere il dolore
di Natalia Aspesi


Vittorio Lingiardi presenta “Alterazioni del ritmo” e spiega il suo amore per le parole domani a BookCity. Con letture di Fabrizio Gifuni
Poi alla fine non c’è altro modo per dire amore o dolore con appassionato, incancellato distacco se non chiudendo quei sentimenti del corpo e della mente in pochi versi, brevi come aforismi. Non ci sono altre strade per essere se stessi al di là della professione che definisce una persona, oltre le parole quotidiane, che raggiungerne altre, segrete, per arrivare alla verità profonda di sé. Vittorio Lingiardi è psichiatra, psicoanalista, docente alla Sapienza. Ha scritto una montagna di saggi sapienti e due libriccini di poesie, un minuscolo segmento della sua vita, che è in realtà la sua vita. Li ha pubblicati nottetempo, La confusione è precisa in amore nel 2012 e ora Alterazioni del ritmo , che viene presentato a BookCity. In tre giorni su 800 libri presentati a Milano, 60 sono di poesie.
Perché la poesia che sembrava luminosamente avviata all’estinzione sta tornando in modo prepotente?
«La poesia non parte e non torna, c’è. Perché come dice Cocteau, è indispensabile. Non so se è cresciuto l’interesse per la poesia, ma se sì, forse è anche merito del livello scadente di molta narrativa».
Lei psicanalista che bisogno ha di esprimersi in poesia?
«Io sono innamorato del linguaggio e non so comporre musica. E sono convinto che ci vogliono parecchi luoghi dentro di sé per avere qualche speranza di essere se stessi. La costruzione del verso è diventata il mio modo di osservare il mondo. Questo a volte mi aiuta anche nel lavoro di analista. Facilita il compito di stare a contatto con la memoria, i ricordi, i sogni».
Quindi c’è un legame tra psicoanalisi e poesia?
«Stando ai “ruoli”, l’analista ascolta e il poeta parla. Ma quello che unisce le due figure è la ricerca di una verità personale, propria o dell’altro. La ricerca dell’idioma, dell’origine di sé».
Le neuroscienze si interessano alla poesia?
«Hillman parla di una “base poetica della mente”. Neuroscienziati e psicologi cognitivi, che studiano il rapporto tra cervello e linguaggio, considerano la poesia uno degli eventi del cervello che “costruisce” la realtà in cui viviamo. I versi sono righe brevi, la poesia si serve della rima e di figure formali che permettono letture del mondo immediate, profonde, ritmiche. In questo senso la poesia ha più a che fare con la musica che con la letteratura.
C’è un momento in cui, forse tutti, almeno una poesia la scrivono. Lei non ha mai smesso, ma come ha cominciato?
«Agli inizi degli anni ’80, nella sala d’aspetto dell’Istituto dei Tumori di Milano, dove mia madre era ricoverata. Senza sapere perché ho preso un foglio e ho scritto una poesia, un modo spontaneo di dare forma al dolore. Per contenerlo e anche per guardarlo. Il poeta americano Frost dice che una poesia è “un arresto del disordine, una sosta contro la confusione”. La poesia si nutre di “disordine”. Senza movimento amoroso, senza desiderio, paura, abbandono, non arriva un verso. Ma quando arriva, quel disordine si arresta. Forse le mie brevissime poesie sono “esercizi spirituali”.
Chi l’ha incoraggiata?
«Giovanni Testori, dopo aver letto le mie poesie di ventenne. Fondamentale è stato Piero Bertolucci, che mi disse “usa la lima sulle parole”. Patrizia Cavalli che mi ha spiegato come si leggono a voce alta le proprie poesie».
Le sue poesie, spesso molto ironiche, sono autobiografiche?
«In parte. Dichiararmi poeta a cinquant’anni è stato quasi più difficile del primo coming-out. Rispetto alla precedente raccolta, queste sono una registrazione quasi in diretta di alcune trasformazioni della mezza età».
La parola cuore appare spesso nei suoi versi.
«Quasi mai come metafora dell’amore, sempre come muscolo cardiaco. Essere medico è fondamentale per la mia poesia. “Fibrillazioni, sincopi, aritmie/ tutto quello che fa quando non muore/ eccola è lei, l’altra metà del cuore”. E anche: “Holter. Il cuore si è ammalato,/ era l’unico organo/che non ho trascurato” ».