sabato 24 ottobre 2015

La Stampa 24.10.15
Michelle Bachelet
“L’America Latina è cambiata grazie a noi donne al potere”
“Fra Cile e Italia legami forti. Abbiamo fatto riforme sociali responsabili, siamo un Paese solido dove investire”
intervista di Fabio Martini


La presidente del Cile Michelle Bachelet, originale figura di socialista-riformista in un continente nel quale prevalgono i populismi di destra e di sinistra, è anche parte di un fenomeno sorprendente: i tre Paesi-guida del Sudamerica, Brasile, Argentina e Cile, sono guidati da donne. Un traguardo che per grandi Paesi europei, come Francia e Italia, è ancora una chimera.
Presidente, come spiega questa «coincidenza» in Paesi altrove considerati maschilisti?
«L’America Latina sta cambiando con ritmo molto accelerato, non solo nelle sue economie, ma soprattutto nelle sue culture. Le donne sono state un fattore chiave di questo cambiamento: hanno combattuto per la loro uguaglianza, sono state un fattore di cambiamento in postazioni chiave: nell’istruzione, nella campo della scienza, nei movimenti sociali, nelle piccole imprese, nei media. È normale che questo fenomeno si sia riflesso recentemente in una maggiore presenza nelle alte sfere dello Stato. Questo va riconosciuto e festeggiato».
C’è un valore aggiunto nelle donne al potere?
«Non bisogna accontentarsi: ci sono ancora molte aree in cui la nuova leadership delle donne non viene riconosciuta: nella direzione delle aziende private, nei partiti, in Parlamento. Penso che sia fondamentale che le nostre società abbiano in posizioni decisionali donne e uomini in modo equilibrato, per una migliore rappresentazione della società e per consentire alle donne di contribuire col loro punto di vista alle decisioni importanti».
Il Cile è guidato da una donna, l’Italia da un leader giovane: in una leadership quanto contano la giovinezza e il genere? O contano di più altre qualità?
«Oggi ciò che conta in politica è saper affrontare la crescente sfiducia dell’opinione pubblica verso le istituzioni. È in gioco la qualità della democrazia. Ci vogliono coraggio, nuovi paradigmi, molta libertà dai gruppi tradizionali di potere e la vicinanza alla vita quotidiana dei cittadini. Avere come leader una donna o un giovane non risolve automaticamente i problemi. Sono importanti i programmi, la forza di volontà e le alleanze. Ma credo che, di fronte a sistemi politici con residui di pratiche del passato, spesso patriarcali, essere giovani o donna può essere di grande aiuto per guidare i cambiamenti».
In Cile state preparando una riforma delle pensioni in controtendenza rispetto a quelle che si fanno in Europa: voi quale obiettivo vi proponete?
«Io non credo che si possa confrontare la situazione del Cile, che viene da una protezione sociale molto debole e discriminatoria, con quella europea, dove è vero il contrario. In Cile, nel corso degli ultimi due decenni i governi democratici hanno fatto grandi sforzi per rendere la protezione sociale un diritto effettivo. Questo è stato il sigillo del mio primo mandato e ora stiamo approfondendo la questione. È vero: è stato un processo lungo, ma abbiamo voluto essere responsabili, avanzando fino a dove le risorse fiscali ci permettono di espandere i diritti in modo sostenibile. Quest’anno, è finito il boom delle materie prime, le nostre capacità fiscali sono state limitate, eppure non abbiamo tagliato la spesa sociale e abbiamo aumentato i diritti. Una società di diritti effettivi per tutti richiede una politica economica per la crescita, una politica fiscale che promuova la sostenibilità dei benefici».
Generazioni di italiani non hanno dimenticato gli eventi degli Anni Settanta e molti hanno mantenuto un rapporto sentimentale verso il Cile. Nell’immaginario collettivo dei cileni, l’Italia cosa rappresenta?
«L’immagine che noi cileni abbiamo dell’Italia è molto positiva. La migrazione italiana, circa un secolo fa, fu importante e lasciò la sua impronta in diversi luoghi. E manteniamo un ricordo indelebile dell’Italia generosa che seppe accogliere migliaia di esiliati cileni nel periodo doloroso della dittatura, oltre a sostenere il processo di transizione verso la democrazia».
Lei ha incontrato Matteo Renzi, arrivato con imprenditori interessati a investire in Cile: cosa possono aspettarsi?
«Siamo molto lieti di ricevere il Presidente Renzi in Cile e la delegazione economica, che lo accompagna. Le aziende italiane sanno che siamo un paese serio con istituzioni solide e l’Italia è un importante partner commerciale per il Cile, il secondo nell’Unione europea».
Lei è stata rieletta con un grande suffragio popolare: che consiglio si sente di dare a Renzi, atteso entro il 2018 dalle sue prime elezioni politiche?
«Ogni Paese ha la sua tradizione, le sua cultura, le sue esigenze politiche e sarebbe sbagliato proiettare i modelli. I leader sono obbligati a pensare globalmente, ma per definizione è sbagliato dare consigli ai governanti di altri paesi. Preferisco ascoltare le loro esperienze».
Il Cile, come l’Italia dopo il fascismo, ha avuto un periodo di rinascita: la fine delle dittature danno una marcia in più ai Paesi feriti?
«Nel caso del Cile, ma anche in altri Paesi latino-americani, le transizioni sono state certamente stagioni di rinnovamento. Per l’autocritica di settori progressisti su alcuni atteggiamenti. che potevano aver contribuito al deterioramento della convivenza democratica. Perché il ritorno degli esuli ha portato un contributo cosmopolita. I cileni che ritornarono dall’esilio in Italia hanno prodotto tante trasformazioni in letteratura, nella musica, nella gastronomia. E hanno anche aiutato a riscoprire i nostri artisti, come Pablo Neruda e Roberto Matta».