sabato 24 ottobre 2015

Repubblica 24.10.15
Magistrati in trincea: “Governo debole contro i corrotti”
L’ira di Renzi: “Non possono trattarmi come Berlusconi”
Dalla riforma dei codici al taglio delle ferie, il rapporto tra l’esecutivo a guida dem e la magistratura si è ormai ridotto ai minimi termini
di Liana Milella


BARI Renzi furibondo con l’Anm. «Non possono parlare di noi come se si trattasse di Berlusconi » avrebbe confidato il prenier ai suoi. Orlando idem. All’opposto, la platea dei colleghi di Sabelli, appena lui chiude l’intervento tra gli stucchi dorati del teatro Petruzzelli, appare stupita per «l’eccessivo aplomb istituzionale del nostro presidente» che, in verità, strappa il primo applauso sulla mancanza dei cancellieri. Lo avrebbero voluto ben più guerrafondaio.
Incredibile, ma vero. Due facce dello stesso intervento. La collera del governo, un pizzico di delusione a Bari. Le parole di Sabelli lasciano l’amaro in bocca al Guardasigilli che le giudica «del tutto ingenerose» ed è già pronto, oggi, a recitare davanti ai giudici l’elenco delle cose fatte. Chi gli ha parlato descrive l’irritazione per via di quel paragone tra intercettazioni e mafia. «A me dicono una cosa del genere, a me che mi sono battuto per rafforzare il 416 bis e adesso per fare una commissione per le intercettazioni? Sono matti?». Parole che producono soprattutto la decisa irritazione di Renzi che, da quando è al governo, non ha mai risparmiato frecciate ai giudici.
«Renzi? Io non l’ho mai incontrato di persona, a palazzo Chigi non mi ha mai invitato» dice adesso Rodolfo Maria Sabelli. Per questa “lesa maestà”, allora, lo attacca e definisce «timide, deludenti e disorganiche» le sue riforme? Sabelli: «E dov’è la novità? Sono mesi che diciamo le stesse cose». Forse non gli perdona quel «brr....che paura» pronunciato da Renzi nel salotto di Vespa quando lo stesso Sabelli reagì duramente per le ferie tagliate da 45 a 30 giorni. Sabelli: «Non s’è mai visto che si fa un intervento del genere senza neppure ascoltare preventivamente la categoria».
Raccontano a Roma che ieri, da palazzo Chigi, alcuni emissari abbiano chiamato pure il vice presidente del Csm Giovanni Legnini per difendere il governo e le sue leggi e rimettere le carte a posto. Tant’è che Legnini prontamente dichiara sull’impegno del governo contro mafia e corruzione.
Ma non basta per parare il colpo della «consapevole strategia di delegittimazione», l’accusa più grave lanciata da Sabelli. Lui, prima del concerto serale, sfoglia le agenzie che gli ha messo in fila la sua portavoce e giura: «Non ce l’avevo col governo, ma con i tanti che parlano contro di noi, Raffaele Cantone che polemizza con me per le ferie, il Foglio che ci attacca, la stampa di destra che fa altrettanto ». Ma vicino a lui il segretario dell’Anm Maurizio Carbone, battagliero pm di Taranto del caso Ilva, sorride sornione. Ha letto e riletto più volte la relazione di Sabelli, l’ha sottoscritta e condivisa, soprattutto nei punti più critici contro il governo e le sue mosse.
Non c’era bisogno di Bari e del trentaduesimo congresso dell’Anm per certificare la rottura definitiva del feeling tra il Pd e i magistrati. I segnali c’erano già tutti. L’uomo che Renzi ha scelto per occuparsi di giustizia, David Ermini, ovviamente toscano (di Figline Valdarno), per giunta avvocato, non perdona Sabelli. «Ma come si fa a paragonarci a Berlusconi? Quando mai noi abbiamo anche solo pensato di ridurre il potere dei magistrati di fare intercettazioni? ». Un attacco proditorio dunque, nella testa di Ermini, quello di Sabelli. Ma alle sue parole le toghe reagiscono con un alzata di spalle. «Dov’era il Pd quando hanno cambiato la legge sulla responsabilità civile? Si rendono conto di che cosa hanno fatto? Perché non hanno ascoltato le nostre raccomandazioni? » dice un giudice che chiede l’anonimato. Tanti altri, qui a Bari, parlano come lui. Lì, proprio sulla responsabilità civile, s’è infranto il residuo di comprensione che c’era tra il Pd e le toghe. Pure quello faticosamente costruito da un tessitore professionista come il ministro Orlando, sin dai tempi in cui era responsabile Giustizia del Pd. Un filo che aveva cominciato a strapparsi quando Orlando, al
Foglio , disse che l’obbligatorietà dell’azione penale poteva anche non essere più considerata un tabù intoccabile.
Poi, certo, ci sono le inchieste giudiziarie. Quelle che potrebbero anche lambire uomini di governo, di cui si continua a vociferare. Un attacco concentrico contro Renzi e il suo governo. «Ma scherziamo? Di una cosa simile non voglio neppure sentire parlare» dice Sabelli. Che ha lavorato per giorni e giorni alla sua relazione, limando ogni parola, ben sapendo di parlare davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Relazione discussa dalla sua giunta, un prodotto collettivo dunque. In cui resta il passaggio della «consapevole strategia di delegittimazione». Sabelli potrà pure negare, ma tutti ricordano la polemica, proprio con Renzi, sul taglio degli stipendi. «Ma come si fa a parlare così di noi?» disse allora con la delusione di uno la cui famiglia, come ricordava ieri la madre, elegante signora presente in sala, «dal ‘700 a oggi ha dato uomini alla magistratura».