sabato 24 ottobre 2015

Il Sole 24.10.15
Giustizia e politica, scontro Anm-governo
Le toghe: più attenzione a intercettazioni che a mafia - Il Pd: frasi ingenerose
di Donatella Stasio


Bari Il primo applauso della platea arriva alle parole: «Va respinta l’idea strisciante che a minori garanzie e a minori controlli possa corrispondere una maggiore crescita economica, come se il problema consistesse nella regola e non piuttosto nella sua violazione». Il tono del presidente dell’Associazione nazionale magistrati Rodolfo Sabelli è tutt’altro che bellicoso ma le sue parole per introdurre il 32mo Congresso nazionale dell’Anm su «Giustizia, economia, tutela dei diritti» - in corso a Bari da ieri e fino a domenica - sono esplicite nel prendere le distanze da chi vorrebbe fare della magistratura una sorta di Ogm - per dirla con il vicepresidente Valerio Savio - «orientata in primo luogo al rispetto delle esigenze economico-finanziarie dello Stato e delle imprese». Così come esplicita è la denuncia di «una consapevole strategia di delegittimazione» della magistratura sia attraverso misure «discutibili nel merito, nel metodo e nei tempi» (dalle ferie alla responsabilità civile) sia attraverso la sua rappresentazione come «gruppo di potere elitario e oligarchico». Esplicite anche le accuse al governo per le carenze di personale (manca il 70% dei cancellieri) e per una politica penale «incoerente e disorganica», «timida» nel contrasto alla corruzione, «deludente» sulla prescrizione, «più attenta» alle intercettazioni che alla mafia, «diffusa ormai in ogni ambito», nonché «alle forme di pesante devianza infiltrate nel settore pubblico e in quello dell’economia».
Sabelli parla dal palco del teatro Petruzzelli, di fronte ai politici locali, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a centinaia di magistrati che lo applaudono a più riprese. Nelle sue parole non ci sono toni bellicosi - non è nel suo stile - ma tanto basta a suscitare reazioni politiche dure, anzitutto nella maggioranza. «Frasi ingenerose», dirà il responsabile giustizia del Pd David Ermini. «Non credo che la critica sia rivolta a governo e Parlamento perché sarebbe cronologicamente infondata visto che su corruzione e criminalità organizzata siamo molto più avanti che sulle intercettazioni», osserva il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che sarà oggi a Bari.«Sono largamente d’accordo con Sabelli ma sono in disaccordo con lui sulla disattenzione del legislatore su corruzione e mafia» commenta infine Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, seduto in prima fila nel teatro Petruzzelli.
Ma il clou della giornata è stata la tavola rotonda pomeridiana sui rapporti tra giustizia ed economia, con il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan che ha insistito sulla «necessità di un giusto equilibrio tra regole, giustizia ed economia» e su «una politica economica che dia una prospettiva di lungo termine e perciò sia percepita come credibile. Perché le misure a lungo termine - ha detto - producono anche effetti di breve termine». A confrontarsi con Padoan, il presidente della Corte d’appello di Milano Gianni Canzio, il presidente di sezione della Cassazione Renato Rordorf, l’ex ministro della Giustizia Paola Severino e il costituzionalista Michele Ainis. Confronto moderato da Giovanni Floris ma introdotto da una serie di interrogativi inquietanti di Savio: siamo sicuri - si è chiesto - che possiamo permetterci «il lusso» di parlare di questi temi in un Paese che vede «parti del suo territorio e interi settori dell’economia (se non sotto il controllo) con la pervasiva presenza della criminalità organizzata, dell’impresa criminale e del capitale illegalmente acquisito? Che vede il 15-20% del suo Pil derivante dall’economia sommersa e “in nero” quando non illegale? Che presenta un preoccupante degrado dell’etica pubblica in ogni ambito della vita civile e un livello di corruzione nelle pubbliche amministrazioni che ha superato il livello di guardia?». Siamo sicuri - ha continuato - di non dover prima «restaurare un minimo di legalità basica?». Sicuri che il conflitto tra giustizia ed economia non sia «vecchio come il mondo» e cioè «conflitto tra “diritto” e “impresa”, tra regole e libero dispiegarsi di quelli che tuttora ideologicamente vengono chiamati gli animal spirits dell’agire economico?». Siamo sicuri «che alle parole scritte nella pietra della Costituzione si crede ancora?».
Padoan definisce «sedicente» il conflitto politica-giustizia. Incalzato sull’aumento a 3mila euro del limite del contante, ribadisce che «non c’è alcuna correlazione tra questo aumento e l’evasione fiscale» che è, invece, un problema di «regole diverse» e di «fiducia» tra il cittadino e l’Amministrazione tributaria; rivendica di sentirsi «parte di una squadra che ha una strategia di cambiamento del Paese: le tasse devono scendere, la pubblica amministrazione dev’essere più semplice, la giustizia più rapida e efficiente, il quadro istituzionale deve dare più certezza rispetto alla durata dei governi passati perché tutto questo impatta sull’economia. Se si mandano messaggi chiari - ha concluso - aumenta la fiducia e migliorano i comportamenti». Sulla «fiducia» converge Canzio, secondo cui è indispensabile una sorta di «contaminazione» affinché vi siano «colti giuristi e colti economisti». «Alla giustizia e all’economia fa male l’instabilità delle regole», dice Severino e concorda Rordorf, ricordando che il sistema normativo è «molto più complesso di 40 anni fa», il che ha ampliato gli «spazi del giudice» e dato rilievo al «diritto vivente», ma con tutti i problemi di «prevedibilità» e di «incertezza» che ne derivano. Al legislatore chiede «coerenza sistematica» rispetto a una giungla di regole fatta, ha ricordato Ainis, di 21mila leggi dello Stato, 30mila regionali, migliaia leggiprovinciali e regolamenti, 35mila reati e 63mila norme di deroga: il trionfo dell’eccezione alla regola...