mercoledì 21 ottobre 2015

Repubblica 21.10.15
Tra i fantasmi della Polonia
I nazionalpopulisti euroscettici volano nei sondaggi per le politiche di domenica. Grazie a slogan violenti contro migranti e Ue: “I profughi ci portano epidemie” “Facciamo come Orbàn”. Il tramonto dei liberal, eredi degli intellettuali e dei leader operai della rivoluzione di Solidarnosc, sembra inarrestabile. E il paese profondo cede alle tentazioni reazionarie e xenofobe
di Andrea Tarquini e adam Michnik


VARSAVIA «OTTO anni sono troppi, vinceremo noi e la Polonia tornerà grande, ascoltata e rispettata in Europa », grida ai comizi Beata Szydlo, l’aggressiva capolista dei nazionalpopulisti. «I migranti minacciano la salute dei cittadini, chi sa quanti casi di colera tifo o peggio», incalza Jaroslaw Kaczynski, capo storico del PiS (Diritto e Giustizia, euroscettico e ammiratore di Viktor Orbàn) e provocatore come un Salvini, che grida queste parole al megafono in un comizio davanti a un centro profughi. Persino il neocapo dello Stato Andrzej Duda, PiS anche lui, insediato da settembre, parla così: «I profughi possono portare epidemie», ha affermato l’altro giorno in clima di campagna elettorale al calor bianco, lui presunto al di sopra delle parti. Polonia, triste e cupo autunno 2015: ventisei anni dopo la rivoluzione pacifica di Solidarnosc che incoraggiata da papa Wojtyla e da Gorbaciov dette la spallata decisiva all’”Impero del Male” sovietico e al Muro di Berlino, tira una brutta aria da virus ungherese nel più importante paese orientale dell’Unione europea e della Nato. Una generazione dopo, il tramonto dei liberal, eredi degli intellettuali e dei leader operai padri della rivoluzione dell’Altra Europa, è annunciato, il PiS vola nei sondaggi, con slogan pesanti: «Orbàn ha ragione, portiamo Budapest a Varsavia». Allarme ai vertici europei, dalla Cancelleria di Berlino a Palazzo Chigi, dall’Eliseo alla Commissione di Bruxelles. Se davvero alle elezioni politiche di domenica prossima il PiS vincerà, nulla nell’Europa del dopo-guerra fredda sarà mai più come prima.
Aeroporti nuovissimi efficienti e sempre pieni del ceto medio che vola in ferie a ogni stagione con gli splendidi 787 Dreamliner della Lot, parco auto ricco e nuovo come in Germania, megacantieri di nuove prime case spuntano ovunque come funghi, ristoranti e locali di movida pieni giorno e notte, imprenditori che investono in Italia. Il successo lo tocchi con mano, ma non basta a vincere, avvertono i Platforma, i liberal affiliati alla Cdu di Angela Merkel al potere dal 2007. Forse invano, al duello tv di ieri sera, la premier liberal Ewa Kopacz è apparsa vincitrice, più preparata e concreta rispetto a Beata Szydlo. O almeno, lo senti dire a Varsavia e negli altri prosperi centri urbani della Polonia del miracolo. Nessuno, dice un’alta fonte diplomatica di un paese fondatore dell’Unione europea, può garantire che toni sensati, richiami alla realtà e al bisogno di riforme dure (pensioni, sanità, rigore nei conti sovrani, zloty agganciato all’euro) abbiano convinto quella che il compianto Bronislaw Geremek, il grande storico del Medioevo e mente storica liberal di Solidarnosc chiamava “la Pologne profonde”, la Polonia delle campagne dove orfana del grande Wojtyla la Chiesa è con la reazione. Non bastano la crescita del Pil superiore a quella tedesca né il benessere delle classi medie, mi suggerisce Konrad Niklewicz, consigliere della premier uscente.
«Diciamolo, dobbiamo accettare il responso democratico del popolo sovrano anche se non ci piace», spiega nel suo ufficio stracolmo di libri e saggi in inglese tedesco italiano e lingue scandinave al civico 12 di ulica Wiejska, a un passo dal Parlamento dove loro, i moderni, gli europei, stanno forse per diventare minoranza. «Di errori ne abbiamo fatti, forse troppi. La riforma delle pensioni, lavorare fino a 67 anni qui come in Germania, è necessaria, il PiS la revocherà se andrà al governo e questo costerà ai conti sovrani oltre 60 miliardi di euro in 15 anni, sarebbe un pugno nello stomaco anche per Berlino. Non abbiamo saputo spiegarlo, la gente crede ai sogni che loro vendono in ogni comizio, promettono benessere a livello tedesco con la spesa facile».
Pure, non è come a Parigi Madrid o Roma: sulle prime non lo cogli per nulla il malcontento passeggiando nelle prospere città. Ma i sondaggi, attendibili o no, fanno paura. Il PiS vola dal 32 al 39 per cento, il suo vantaggio su Platforma oscilla tra 5 e ben 14 punti. E un nuovo partito liberal, “i moderni” di Ryszard Petru, attira i consensi dell’intelligencija urbana delusa dal governo uscente.
«Il livello della cultura politica da noi resta discutibile, riemerge la Pologne profonde xenofoba e antiglobale», dice Adam Michnik. «L’onda di regresso della democrazia avviata da Putin e da Orbàn investe anche noi», aggiunge lui, eroe del dissenso dal ’68 polacco che precedette quello francese. Confessioni amare. «Un mio amico m’ha appena narrato di un suo conoscente 18enne deciso a espatriare, perché con il rigore dei liberal non trova lavoro e se vince Kaczynski non vuol restare in una Polonia avvelenata dal’odio di chi diffama Walesa come “agente comunista”. Serve dire ai giovani di andare a votare prima di comprare un biglietto low cost senza ritorno? Io capisco chi non vuole scegliere il male minore, e i progressisti che non se la sentono più di andare a votare. Però dimenticano che Kaczynski parla della morte di suo fratello nella sciagura aerea come di “complotto tra Putin e i liberal”, di Obama come “affossatore della cultura bianca”, e della Polonia oggi come “condominio russotedesco”… chi non va a votare lascia la maggioranza agli hooligans degli stadi, tutti fan della destra, ecco cosa rischia la mia Patria per la cui libertà lottai e subii anni di carcere, e con lei rischia tutta l’Europa».