mercoledì 21 ottobre 2015

Corriere 21.10.15
Libia, affonda l’intesa per il governo di unità I due fronti dicono no
Esce di scena il mediatore León. «Ha forzato i tempi»
di Lorenzo Cremonesi


Termina nella confusione e nel pericolo di una nuova ondata di violenze il mandato del mediatore delle Nazioni Unite in Libia, il diplomatico spagnolo Bernardino León. Nelle ultime ore una ridda di informazioni contraddittorie ha caratterizzato il dato più significativo: tutto lascia credere che la sua proposta per un governo di «Accordo Nazionale» sia stata bocciata, o in ogni caso incontri tali e tante difficoltà da essere considerata congelata.
E’ infatti dall’inizio dell’anno che León, con il pieno sostegno della diplomazia europea e in particolare quella italiana, lavora per trovare una formula di compromesso che superi lo scontro tra i dirigenti dell’amministrazione di Tobruk (considerati relativamente «laici» e riconosciuti da gran parte della comunità internazionale) e quelli del Congresso Nazionale di Tripoli, legati al fronte dei Fratelli Musulmani. Il suo fine è quello di creare un governo unitario che raccolga i due campi in un «Consiglio di Stato» mirato ad eleggere i propri leader capaci di ricomporre la ridda di fazioni, tribù e milizie armate in cui è diviso il Paese. Questi dovrebbero quindi traghettare la Libia verso nuove elezioni per designare un governo finalizzato a rafforzare l’autorità centrale, restaurare il monopolio della forza perduto nell’anarchia violenta che nell’ottobre 2011 vide il suo picco più grave nel linciaggio del Colonnello Gheddafi e infine garantire la ripresa economica.
Tuttavia, le difficoltà sono sempre state gigantesche, rese ancora più acute dalla crescita di Isis nelle regioni sud-orientali e ultimamente attestato a Sirte. La situazione si è fatta ancora più complessa dai primi di ottobre, quando alle Nazioni Unite è stato deciso di sostituire entro il 20 ottobre León con il diplomatico tedesco Martin Kobler, ultimamente a capo della missione Onu in Congo. León ha quindi deciso di forzare i tempi scegliendo unilateralmente i nomi dei dirigenti del «Consiglio di Stato» e in particolare quello del leader dei Fratelli Musulmani di Misurata, Abdurrahman Sewehli, nel ruolo di suo presidente. Il passo è stato immediatamente rifiutato da Tripoli. L’altra sera pare sia stato bocciato anche dalla maggioranza dei rappresentanti di Tobruk, anche se non vi sarebbe stato un voto formale. Una seconda votazione potrebbe tenersi oggi. «Il piano León non passerà», assicurano comunque gli osservatori locali. In particolare il generale Khalifa Haftar, capo militare di Tobruk, rifiuta di essere sostituito, come previsto dal piano Onu, e si scaglia con veemenza contro gli «stranieri e gli occidentali che impongono le loro decisioni». Preoccupazione sullo stallo libico l’ha espressa ieri anche Paolo Gentiloni. «Costituisce un rischio per la dinamica del percorso proposto dall’Onu», ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano intervenendo alla conferenza mediterranea dell’Osce in Giordania, dicendosi però speranzoso che alla fine il piano León venga accolto in quanto «unica soluzione politica possibile».