martedì 20 ottobre 2015

Repubblica 20.10.15
Il malessere tra i dem e l’Operazione Centro
Un filo lega la crisi di Area Popolare, il potere di Verdini e i ribelli del Pd: e si dipana dalla sfida sulle unioni civili
di Stefano Folli


QUAL È il filo che unisce la crisi dei centristi di Area Popolare, le unioni civili omosessuali, il consolidarsi ai margini della maggioranza del gruppo di Verdini e infine il malessere persistente all’interno del Pd? In apparenza nulla, sono tasselli sparsi e non componibili in un mosaico coerente. In realtà un legame sottile esiste, a volerlo individuare. Cominciamo dalle unioni civili omosessuali e dal problema spinoso delle adozioni. Si capisce che la legge si farà, ma con tempi più ral-lentati di quanto il governo avesse previsto. La maggiore cautela non dipende, se non in piccola parte, dalle proteste di Alfano e dei centristi che hanno colto questa occasione per mandare un segnale di vitalità, pur consapevoli che il compromesso è inevitabile. Il problema di Palazzo Chigi in questo caso è la Chiesa. Il dinamismo mediatico dei vescovi, al limite dell’ingerenza, andava messo nel conto, visto che si discute una materia sensibile come la famiglia. Per di più nelle settimane del Sinodo, quando il papa Francesco è impegnato in un incerto gioco di scacchi con i conservatori.
Renzi avrebbe potuto favorire un fronte laico trasversale, dal momento che segmenti rilevanti del mondo berlusconiano, più i Cinque Stelle e un pezzo dell’arcipelago di Verdini sono pronti a sostenere la legge nella formula più comprensiva dei diritti delle coppie omosessuali. Ma non sembra che sia così. Il voto di coscienza non è un espediente per incoraggiare una sorta di alleanza laica. Al contrario, è un modo per cercare un punto di accordo con il mondo cattolico, peraltro rappresentato ai massimi livelli nello stesso Pd. In altre parole, una legge garantista, sì, sia pure senza affrettarsi troppo. Una legge che rispetti le indicazioni dell’Europa, senza dubbio. Ma non una legge di rottura tale da creare problemi alla maggioranza, nonché di aprire un solco nel sentimento collettivo del paese: sentimento che i vescovi italiani ritengono oggi di interpretare, almeno sull’aspetto particolare delle adozioni.
Sul piano politico la vicenda insegna qualcosa. Il “partito della nazione” di Renzi non è un partito radicale di massa. È un partito prudentemente laico, attento alle tradizioni e al rapporto con il mondo cattolico anche in una società secolarizzata come è l’Italia del 2015. Tuttavia resta l’interrogativo di fondo, che nemmeno la vicenda delle unioni civili riesce a sciogliere. Il Pd è un partito che nasce a sinistra (gli eredi del Pci più i figli della sinistra cattolica); il partito della nazione è invece più simile, almeno nelle intenzioni renziane, a un agglomerato moderato, a una sorta di neo Democrazia Cristiana in chiave moderna e riformatrice. Non è detto che le due prospettive possano convivere. Già oggi la contraddizione si fa sentire e non sempre il premier riesce a coprirla con la sua “verve” e la sua fantasia politica. Nei fatti, si capisce che un partito della nazione orientato in chiave moderata toglie qualsiasi spazio alle forze centriste e invece ne apre alla sinistra. Viceversa, un partito che non dimentica le sue radici e cerca di mantenere la coesione al suo interno, è un partito che tiene a qualificarsi come centrosinistra. Il che lascia intravedere qualche spiraglio per una forza che voglia occupare in modo abbastanza credibile uno spazio sul centrodestra, purché in stretto coordinamento con Renzi.
QUELLO che accade in queste settimane nell’area centrista è emblematico. È in corso un lavorìo destinato non a creare un movimento che guarda a destra in antitesi al partito del premier, bensì a costituire un antemurale destinato a intercettare un pezzo di opinione di destra, portandola nell’area di governo. Questo permetterebbe a Renzi di non sradicarsi dalla sua base di sinistra e di avere una solida sponda parlamentare destrorsa. Il punto è che per ora i filoni sono due: le iniziative in corso in Area Popolare e dintorni. E le analoghe attività di cui è protagonista Denis Verdini e il suo gruppo di fuoriusciti. I due filoni per ora non si intrecciano, ma nessuno dei due può sopravvivere senza l’interesse e il sostegno indiretto del premier.