Repubblica 19.10.15
Matteo Richetti, deputato Pd
“Il premier deve dire un no chiaro a Verdini o il caos aumenterà”
“Giusta l’attenzione all’elettorato di Forza Italia,ma non abbiamo mai parlato di accordi strategici con i gruppi dirigenti del centrodestra”
“L’Italia oggi ha un nocchiero, è forte, ma non sappiamo dove ci porterà”, ha detto ieri Roberto Benigni
intervista di Goffredo De Marchis
ROMA «Questa continua confusione tra azione di governo, voto sulle riforme e prospettiva politica del Partito della Nazione va immediatamente stoppata». Ma chi alimenta questa confusione? Matteo Richetti, deputato del Pd, allievo di Ermanno Gorrieri, protagonista insieme con un pugno di altri dirigenti politici del percorso di rottamazione dunque renziano della prima ora, punta il dito contro le strumentalizzazioni della minoranza che agita lo spettro di Denis Verdini per mascherare i suoi errori e contro Alfano e i fuoriusciti di Forza Italia che cercano di spingere il premier al centro. Ma c’è un modo per interrompere l’abbraccio tra la destra e la sinistra che allarma anche i ministri Andrea Orlando e Graziano Delrio: «Sono sicuro che Renzi la pensa come noi, ma lo dica con nettezza. Perché il progetto politico del Pd non prevede ambiguità».
È accettabile l’ipotesi di un ingresso di Verdini nella maggioranza di governo? «No. Per un motivo semplice: bisogna distinguere le necessità di una legislatura che nasce senza vincitori e il profilo del Partito democratico che Renzi vuole mettere in campo. Con gli alleati di governo, compresa una forza che si chiama Nuovo centrodestra, stiamo rispondendo all’esigenza delle riforme. Come progetto democratico però dobbiamo essere totalmente antitetici al berlusconismo. L’ossessione della legalità, la rottura di ogni furbizia sono incompatibili con la presenza di Verdini e di altri nello stesso soggetto politico. Non c’è posto per chi ha alimentato quella cultura ».
E la conquista dei voti dell’altro campo?
«Dalla prima Leopolda, e io c’ero, abbiamo detto che era un errore gravissimo non guardare agli elettori di Forza Italia, ma non abbiamo mai detto di costruire un’alleanza strategica con le classi dirigenti di quel partito e di quella stagione. Renzi ha già risposto alla missione che ci eravamo dati portando il Pd al 41 per cento. Io dico che l’operazione si deve fermare lì».
Però i voti di Verdini vi sono serviti per la riforma costituzionale. «Non saremmo a questo punto del cammino senza la disponibilità di Alfano in prima battuta e di Verdini in seconda. Non lo nego. È una situazione figlia della difficoltà parlamentare, ma con loro non è possibile avviare alcun progetto futuro. Questa legislatura nasce con la safety car che giustamente Napolitano ha imposto per non buttarla via. Ma quando la safety car torna ai box ci sono le auto di centrodestra e le auto di centrosinistra. E corrono le une contro le altre».
Allora va cancellata dal vocabolario la definizione del partito della nazione? «Noi siamo qui non per aumentare i vagoni della coalizione ma per costruire un grande partito democratico. Quando il Pd prende il 41 per cento manda in soffita sia il berlusconismo sia il centrosinistra dei nani e dei cespugli allargando il suo campo. Tutto questo non ha niente a che vedere con ciò che succede in Parlamento in un quadro particolare ».
I parlamentari verdiniani si propongono pubblicamente per sostituire la sinistra dissidente entrando nel governo. Verdini contro Bersani. Lei con chi sta? «Nessuno immagina un Pd che rinuncia a Bersani per far posto a Verdini. Dico di più: mi sembra impossibile proporre agli elettori un’alleanza che tenga insieme tutt’e due. Ci vorrebbe una parola chiara per evitare il minestrone o l’ammucchione».
Chi la deve pronunciare?
«Il Pd e il suo segretario devono esprimersi su cosa è il presente e cosa sarà il futuro. Dicendo con forza che la classe dirigente del 1994-2011 non realizzerà il suo trasformismo nel nostro partito».