venerdì 16 ottobre 2015

Repubblica 16.10.15
Pd, rivoluzione primarie arriva l’albo degli elettori
Regioni, vota solo l’iscritto
di Annalisa Cuzzocrea


ROMA Fermi tutti, c’è un partito da ripensare. Una commissione sulla “forma-partito” al lavoro da mesi per cambiare lo statuto. E modificare - prima di ogni altra cosa - lo strumento principe del partito democratico: le primarie. A partire da quelle regionali, che verranno riservate ai soli iscritti. Mentre per quelle nazionali si pensa a un albo degli elettori e per le primarie di coalizione, anche nelle amministrative, a una regola che consenta di candidarsi a un solo esponente del Pd.
Il primo segnale è arrivato ieri con una lettera inviata dal vicesegretario Lorenzo Guerini a presidenti e segretari dell’assemblea del partito di Puglia, Liguria e Veneto. Sono le regioni in cui - per diversi motivi - era previsto un avvicendamento ai vertici. Nelle prossime settimane dovevano tenersi dei congressi che sono ora rimandati alla primavera 2016, in attesa che le cose cambino, e che tutti possano adeguarsi. «Attualmente i segretari regionali e le relative assemblee si eleggono nello stesso modo in cui si eleggono il segretario e l’assemblea nazionale - scrive Guerini- quindi, onde evitare che si possa eleggere un segretario regionale con regole che si dovessero rivelare superate dopo breve tempo, e soprattutto per evitare che segretari e assemblee possano essere eletti con regole difformi da regione a regione, viene stabilito che l’elezione dei segretari regionali e le relative assemblee della Liguria, della Puglia, del Veneto, e di tutte quelle regioni che dovessero eventualmente trovarsi nella medesima condizione avverrà in un arco temporale compreso tra il primo marzo e il 31 maggio 2016».
Oltre cinque mesi di stop, per una ragione molto precisa. A gennaio si riunisce l’assemblea nazionale del partito. E al Nazareno, è allo studio una modifica dello statuto che restringa ai soli iscritti la possibilità di votare alle primarie per l’elezione dei segretari regionali. È il primo passo di una revisione molto più profonda dell’istituto con cui il Pd è nato e su cui ha fondato la sua identità. Non è un caso che, a lettera ricevuta, il governatore della Puglia Michele Emiliano (uno di coloro che devono essere sostituiti alla guida del partito regionale) avverta con un tweet: «Il Pd compie 8 anni. Nacque grazie al rivoluzionario metodo delle primarie. Nessuno osi cambiare lo strumento essenziale della nostra Storia».
A ben guardare, è proprio quello che sta accadendo. L’insofferenza tra i dirigenti del partito è esplosa dopo il fallimento dell’esperienza di Ignazio Marino a Roma, ma era già montata alle scorse amministrative (in Liguria Raffaella Paita vinse le primarie, Sergio Cofferati andò via in polemica denunciando irrego-larità, poi lei perse le elezioni; a Venezia, dove il vincitore della consultazione aperta fu il più radicale Felice Casson, l’esito finale è stato comunque la sconfitta alle comunali). Per ora, la sconfessione dello strumento che ha portato lo stesso Matteo Renzi alla guida del partito dovrebbe avvenire con nuovi accorgimenti: a parte quello che riguarda i segretari regionali, alle prossime primarie per il segretario nazionale e a quelle per scegliere i candidati sindaci si vuole introdurre un “albo degli elettori” (che dovebbe partire già alle prossime comunali a Roma, Milano e Napoli). Non proprio una chiusura ai soli iscritti, ma un restringimento del campo che - in altri tempi - i renziani non avrebbero mai avallato. Un’altra regola riguarderebbe le primarie di coalizione, alle quali si pensa di far correre a un solo candidato del Pd. Basta guerre fratricide, insomma. Anche se, per questo, un nuovo statuto potrebbe non bastare.