Repubblica 11.10.15
I dem convinti che l’ex chirurgo studi la “strategia del gambero” per tornare indietro sono pronti a dimettersi
Le contromosse del Pd “Non ci fidiamo di lui alla fine cambierà idea” L’ipotesi della sfiducia
Il sindaco vuole essere in carica al processo su Roma Capitale
I Dem cercano di riorganizzarsi dopo la pulizia che ha fatto chiudere molti circoli
di Francesco Bei
ROMA L’imprevedibile Marino e il Pd. La guerra di nervi che va avanti da settimane è lungi dall’esser conclusa. Al di là degli annunci di dimissioni infatti, ai piani alti del Pd cresce l’ansia per un possibile colpo di coda del sindaco. E di certo lo scarno comunicato con cui ieri Marino ha annunciato che le sue dimissioni diverranno irrevocabili «nell’arco dei venti giorni successivi» non ha contribuito a rasserenare gli animi.
Qual è il piano del primo cittadino? Marino, raccontano, si è impuntato su quello che solo apparentemente può sembrare un dettaglio: vorrebbe partecipare da sindaco ancora in carica alla prima udienza del processo di Mafia Capitale, in calendario per il 5 novembre. «Un processo storico», lo ha definito nel suo videomessaggio, a cui il comune si presenterà come parte civile «su mia iniziativa». A Renzi, nell’incontro di venerdì, Matteo Orfini ha riferito della brusca telefonata avuta con il sindaco. Di fronte alle insistenze sul voler prendere parte all’udienza ancora in carica e con la fascia tricolore, il commissario romano e presidente del Pd gli avrebbe offerto una via d’uscita: «Questo non si può fare, ma ti garantisco che al processo potrai comunque partecipare come esponente del Pd, visto che anche il partito si costituirà parte civile». Un compromesso lasciato cadere dal sindaco: «No grazie, così non mi interessa». Da qui il timore di un scarto improvviso dal percorso già stabilito. Sospetto acuito dall’analisi del videomessaggio di Marino, una sorta di manifesto del rilancio e della riscossa più che un congedo.
Se infatti il sindaco facesse trascorre tutti i venti giorni che la legge gli consente senza rendere irrevocabili le dimissioni si arriverebbe al due di novembre, proprio a ridosso dell’udienza. Potrebbe quindi decidere di ripensarci, annunciando un clamoroso dietrofront e la volontà di proseguire «nell’opera di risanamento iniziata» con chi ci sta. A quel punto sarebbe troppo tardi per fermarlo e il nugolo di telecamere di fronte al tribunale di piazzale Clodio diverrebbe il palcoscenico per la resurrezione del Marino n.2, il “moralizzatore”, contro la degenerazione «clientelare» e «mafiosa» del Pd romano. Qualche avvisaglia di questo tipo già si poteva cogliere, appunto, nel video di due giorni fa. A cui Orfini ha risposto ieri a muso duro. Così si stanno iniziando a studiare le contromosse. Una mozione di sfiducia firmata da tutti i consiglieri del Pd è la mossa più scontata ma avrebbe comunque bisogno di tempi lunghi per essere calendarizzata e votata. Ieri Orfini ha quindi avuto rassicurazioni dal capogruppo Fabrizio Panecaldo che i 18 consiglieri comunali sono pronti al gesto più estremo: le dimissioni di massa. Una lettera di dimissioni in bianco, con le firme di tutti, sarebbe già nelle mani del capogruppo. Ieri le ultime adesioni tra gli “onorevoli” dem (così l’ampolloso cerimoniale del Campidoglio impone di definirli) più recalcitranti.
Ma in queste ore si ragiona anche sul dopo Marino, su come raddrizzare la barca e permettere al partito di giocarsi la partita del 12 giugno contro il candidato 5 stelle e quello della destra. Renzi ha dato a Orfini indicazioni precise: «Fino al Giubileo ci dobbiamo concentrare solo sulla città, lasciando perdere le candidature. Abbiamo due mesi per dimostrare di saperla amministrare e, tolto Marino, non abbiamo alibi. Accettiamo la sfida come abbiamo fatto con Expo». Il governo farà la sua parte grazie a una cabina di regia centrata su palazzo Chigi. Con il premier direttamente coinvolto. La prima indicazione operativa è quella di «aggiustare le periferie», i settori d’intervento immediato sono quelli già previsti dalla giunta uscente: trasporti, decoro urbano, accoglienza dei pellegrini. Da domani potranno essere spesi i 30 milioni di euro per la manutenzione della scalcinata rete metropolinata. Poi saranno aperti tutti gli altri cantieri.
L’altro grande malato, il partito romano, è pronto a presentarsi con un volto rinnovato. Dopo la bonifica dei circoli (Orfini ne ha chiusi 35 su 110) è arrivato il momento di riaprirsi alla città. Un’operazione che avrebbe dovuto essere annunciata la scorsa settimana, ma la caduta di Marino ha consigliato di spostare la conferenza stampa.
Il nuovo modello di partito farà ancora perno sui vecchi circoli - Fabrizio Barca ne ha individuati 15 che faranno da pivot per tutti - ma gran parte della mobilitazione si svolgerà nella società civile. Guardando un po’ agli Stati Uniti e un po’ riprendendo l’ispirazione dei vecchi comitati Prodi. Dunque via libera alle mobilitazioni tematiche su singole campagne, alle riunioni di abitanti di una stessa strada (le cosiddette «social street»), ai comitati di quartiere, a forme di mutualismo, come la raccolta per i profughi del centro Baobab effettuata dal circolo Italia o la pulizia dai graffiti. Sperando che il “marziano” Marino non faccia scherzi.