La Stampa TuttoScienze 7.10.15
“Ora nuovi enigmi: c’è un altro Bosone?”
di Valentina Arcovio
«Le scoperte di Kajita e McDonald hanno cambiato un pezzo importante del Modello Standard e hanno aperto la strada a nuovi interrogativi su cui stiamo lavorando». A parlare è Stefano Ragazzi, direttore dei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, il più grande laboratorio sotterraneo al mondo dedicato alla fisica astroparticellare, dove si svolgono ricerche di punta proprio sulla fisica del neutrino.
Professore, quale pilastro del Modello Standard hanno abbattuto i due nuovi Nobel?
«Il Modello Standard prevedeva l’esistenza di tre famiglie di neutrini con massa nulla. Il lavoro di Kajita e McDonald ha dimostrato, invece, che tutti i neutrini hanno una massa, che varia leggermente a seconda delle famiglie».
In che modo questa scoperta cambia la nostra visione dell’Universo?
«Non ha cambiato le nostre conoscenze sulla cosmologia, ma ha aperto un capitolo nuovo della fisica delle particelle. Grazie al lavoro dei due Nobel abbiamo aggiunto un altro pezzetto all’identikit di una delle particelle più elusive dell’Universo. Il neutrino, infatti, è ancora qualcosa di misterioso e Kajita e McDonald ci hanno dimostrato che il Modello Standard non lo descrive correttamente».
Che cosa manca oggi per completare l’identikit del neutrino?
«Sappiamo dove i neutrini vengono prodotti, a quante famiglie appartengono e che possono cambiare durante il loro percorso. Grazie ai due Nobel sappiamo che hanno una massa diversa a seconda della famiglia. Ma quello che ignoriamo è ancora tanto. Non sappiamo, per esempio, se la massa del neutrino è uguale a quella della sua antiparticella o meno. Se fosse così, potremmo avere un indizio importante che la massa del neutrino non è generata dallo stesso meccanismo delle altre particelle, il campo di Higgs. È possibile, ad esempio, che esista un’altra “particella di Dio”, oltre al famoso bosone di Higgs. E non è escluso che il neutrino sia simile alle particelle descritte da Ettore Majorana, cioè che coincidono con la propria antiparticella».
Anche i fisici italiani sono impegnati nello studio dei neutrini: su cosa ci concentrano?
«Innanzitutto, prima di Kajita e McDonald, era stato Bruno Pontecorvo a suggerire che i neutrini potessero oscillare, cioè cambiare famiglia. E oggi l’impegno dell’Italia nello studio di questa particella è davvero importante: i Laboratori del Gran Sasso dell’Infn hanno contribuito con l’esperimento “Macro” allo studio dei neutrini atmosferici, mentre le misure del test “Opera” hanno dimostrato l’esistenza dell’oscillazione dei neutrini dalla seconda famiglia alla terza, completando quindi gli studi di Kajita e McDonald. Ma non meno importante è il ruolo dell’esperimento “Gallex” nella comprensione dei neutrini solari e le successive misure di precisione condotte da “Borexino” sulle componenti del loro flusso».