mercoledì 7 ottobre 2015

La Stampa TuttoScienze 7.10.15
Il Nobel della fisica ai detective del neutrino
“Hanno scoperto come si trasforma e che possiede una massa”
di Gabriele Beccaria


Si chiamano neutrini e con i fotoni (le particelle della luce) sono la «cosa» più abbondante del nostro Universo. Sono ovunque, ci investono e ci attraversano - 60 miliardi al secondo, per ogni centimetro quadrato della Terra - eppure non ce ne accorgiamo e sono così elusivi da sfuggire volentieri a chi si sforza di acchiapparli. Ecco perché chi li studia merita un Nobel, soprattutto se ne ha svelato uno (dei tanti) misteri. Così ieri l’Accademia di Stoccolma ha deciso di dare il premio per la fisica al giapponese Takaaki Kajita e al canadese Arthur B. McDonald.
Che cos’hanno scoperto? Che i neutrini, contrariamente a quanto molti colleghi avevano ipotizzato per anni, possiedono una massa, anche se minima. E l’hanno dedotto perché i neutrini - che sono davvero particelle bizzarre - non restano mai uguali a se stessi, ma sono dei camaleonti. Addirittura possono assumere tre forme diverse, note in gergo come «l’elettronico», «il muonico» e «il tauonico». E, non contenti, i neutrini hanno anche origini multiple: furono prodotti all’inizio di tutto, durante il Big Bang, e continuano a essere «sparati» da stelle (come il nostro Sole) e da altre molto più energetiche (come le supernovae) e a generarsi sopra le nostre teste, quando i raggi cosmici interagiscono con l’atmosfera terrestre.
Teorizzati nel 1930 dal futuro Nobel Wolfgang Pauli, i neutrini furono battezzati così da un altro cervello destinato al Premio, Enrico Fermi, e finalmente scoperti nel 1956 da due americani, Frederick Reines e Clyde Cowan, anche loro benedetti dal Nobel. Un’avventura accidentata che nel 2015 approda a Takaaki Kajita e ad Arthur B. McDonald, autori di due diversi test, ma complementari: i loro team, impegnati in gigantesche strutture sotterranee in Giappone e in Canada, chiamate Super-Kamiokande e Sudbury Neutrino Observatory, hanno svelato i comportamenti del neutrino, vale a dire le sue tre «oscillazioni», elettronica, muonica e tauonica (un fenomeno ipotizzato nel 1957 da un altro italiano, Bruno Pontecorvo).
E non basta. Portando alla luce la massa dei neutrini, i due scienziati hanno messo in crisi il Modello Standard, che regge (in modo sempre più imperfetto) l’edificio della fisica contemporanea. Tanto che «queste particelle misteriose, strutturalmente diverse da tutte le altre che conosciamo, potrebbero essere la porta su una nuova fisica», ha commentato ieri il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Fernando Ferroni.
Come cambieranno le idee sulla materia e sull’Universo, sulle sue origini e sulla sua evoluzione? È un’ulteriore avventura, degna di molti altri futuri Nobel.