domenica 4 ottobre 2015

La Stampa 4.10.15
Senato, la riforma va avanti
E Verdini fa pesare i suoi voti
Voto risicato Senza i voti di una decina di senatori di Verdini, l’articolo 2 sarebbe passato con numeri imbarazzanti
Forza Italia: è cambiata l’area di governo, Renzi vada al Colle
di Amedeo La Mattina


La riforma costituzionale ha compiuto il giro di boa. Ieri mattina Renzi e la maggioranza hanno incassato un risultato importante con il via libera all’emendamento all’articolo 2 di Anna Finocchiaro che recepisce gli accordi interni al Pd sulla legittimazione popolare dei futuri senatori-consiglieri regionali. I sì sono stati 169, i no 93. Uno scarto notevole, ma i numeri sono cambiati quando si è trattato di votare l’articolo 2 nel suo complesso, il cuore della riforma, quello che definisce la composizione del futuro Senato. I sì sono scesi a 160: sono mancati all’appello 7 senatori di Area popolare; hanno votato contro anche Corradino Mineo e Walter Tocci, mentre Felice Casson non ha partecipato al voto. Il capogruppo del Pd Zanda ha comunque esultato per la prova di unità dei suoi senatori e della maggioranza: «Unità ampia, compatta, di sostanza e non di facciata». Soddisfazione sottolineata anche dalla Finocchiaro, dal renziano Andrea Marcucci e dal capogruppo di Ap Renato Schifani.
Tuttavia non mancano le ombre. Senza i voti di una decina di senatori di Verdini, l’articolo 2 sarebbe passato con numeri imbarazzanti. E infatti l’opposizione ha potuto gridare che il governo non ha una maggioranza autonoma. «Un risultato ha sostenuto il capogruppo di Fi Paolo Romani che nel passato ha obbligato il governo in carica a recarsi al Quirinale. Il governo Berlusconi nel 2011 fu costretto a dimettersi perché alla Camera sul rendiconto generale dello Stato venne sostenuto da 308 deputati».
Comunque, tra bagarre in aula, i gesti osceni del verdiniano Barani verso la grillina Barbara Lezzi e l’imbarazzo nei banchi del governo, la nave della riforma sta marciando spedita. Anche se Roberto Calderoli, dopo i milioni di emendamenti presentati, promette battaglia nei prossimi giorni. «Il governo è tutto gongolante, ma non si è reso conto che l’opposizione da parte mia non è ancora cominciata. Fino a oggi ho scherzato». In cosa consista la contromossa di Calderoli non è dato saperlo. Dice solo che si chiama la mossa del «gambero».
Nei prossimi giorni vedremo cosa si inventerà. Rimane il fatto che l’intesa dentro il Pd tiene, nonostante nella minoranza Pd rimanga il mal di pancia per i voti dei senatori di Verdini che hanno dato a Grillo l’opportunità di sfoderare il suo sarcasmo. I padri costituenti erano Pertini, Togliatti, Nenni, Croce, Parri, Calamandrei, Iotti, oggi sono Renzi e la Boschi con i voti determinanti di Verdini, Azzollini, Formigoni, Bilardi, Conti, Scavoni, Caridi, Aiello, Gentile: «Condannati o indagati o coinvolti in inchieste per reati come corruzione, associazione a delinquere, voto di scambio politico, frodi, finanziamenti illeciti, ecc».
Renzi, in un’intervista alla Repubblica, difende la scelta degli ex berlusconiani e ha precisato che Verdini non è il mostro di Lochness. «Questo ci consola fino a un certo punto osserva Miguel Gotor perché sappiamo che il mostro di Lochness in realtà non esiste mentre Verdini e gli amici di Cosentino, Cuffaro e Lombardo purtroppo sì. Unire il Pd e stringere alleanze con questi gruppi di potere in Sicilia, Campania e Roma sono due cose che non possono stare insieme». E l’ex capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza consiglia a Renzi di smetterla di amoreggiare con Barani, Verdini e company («meglio perderli che trovarli»). Insomma, la pax Dem rimane appesa a un filo, mentre il caso Barani continua a tenere banco. Anzi ora si è aggiunto quello di Vincenzo D’Anna beccato da un video dei 5 Stelle che, rivolto verso i banchi dei grillini, indicava con entrambe le mani i suoi genitali.