La Stampa 21.10.15
Prima casa, Renzi ci ripensa
Resta l’Imu per ville e castelli
Il premier: il taglio delle tasse sarà per sempre. Padoan: cambiato idea sul contante Continueranno a pagare la tassa gli inquilini non residenti. L’ira della Confedilizia
di Alessandro Barbera
Nella delicata arte del possibile capita anche di dover rivedere i propri piani. La decisione di abolire l’Imu sulla prima casa, ad esempio. All’inizio Matteo Renzi sembrava deciso ad andare oltre quanto fatto da Berlusconi nel 2008, ed esentare qualunque abitazione di residenza, fosse un monolocale o una grande villa. Più che una questione di equità, Renzi ne faceva un tema di chiarezza fiscale: meglio una norma comprensibile a tutti che, in nome della progressività, l’incertezza su chi dovesse pagare. Non aveva fatto i conti con alcuni dettagli tecnici e la reazione dell’ala sinistra del suo partito. Così, prima ancora di far iniziare l’iter della legge di Stabilità in Senato, il premier è venuto allo scoperto su Facebook: «I sindaci possono essere contenti, questa legge è pensata per loro e per i cittadini normali, quelli che tirano avanti la carretta», premette Renzi. «A differenza di quanto si dice con tono scandalizzato, i castelli pagheranno come nel 2008. Ironia della sorte: furono parzialmente esentati dai governi successivi, perché considerate residenze storiche, ma le categorie catastali A1, A8, A9 (abitazioni di tipo signorile, ville e castelli, ndr) avranno lo stesso trattamento di allora».
La questione può sembrare secondaria, e in effetti il numero delle abitazioni e il gettito in gioco lo è. Ma per Renzi la questione degli immobili di grande pregio era una ferita che non voleva rimarginarsi. Nel Pd circolano due ricostruzioni dei fatti. La prima è quella della minoranza: il premier aveva già deciso di dare una piccola vittoria politica alla sua sinistra, ma ha solo anticipato i tempi nel timore di un Vietnam parlamentare sin dai primi passi della legge in Commissione Bilancio. L’altra è quella che accreditano i renziani: una decisione puramente tecnica, altro che passo indietro. In ogni caso Renzi garantisce che l’abolizione dell’Imu «sara strutturale» e non farà la fine di quella di Berlusconi, nel 2011 costretto a votare il sì alla reintroduzione della tassa ad un passo dal baratro finanziario.
La tassazione sugli immobili sembra essere diventata la maledizione dei contribuenti. Le ultime bozze della legge di Stabilità dicono ad esempio che chi vive in affitto in un appartamento in cui non ha domicilio e residenza continuerà a pagare la sua quota insieme al proprietario. Non solo: i Comuni potranno scegliere se alzare l’aliquota sulla seconda casa fino allo 0,8 per cento, come scelsero l’anno scorso Roma e Milano per evitare aggravi sulle prime. Confedilizia è infuriata: la tassa sulla casa «cambia faccia e si trasforma come temuto in un potenziale salasso per chi ha più di un immobile, con tanti saluti all’effetto fiducia».
In Parlamento si vedrà se la manovra cambierà ancora faccia. Il governo avrebbe dovuto depositare il testo in Senato già il 15 ottobre. Renzi ha promesso che già oggi il testo dovrebbe essere trasmesso al Quirinale per la controfirma del presidente della Repubblica. Dopo aver evitato l’aumento di Iva e accise nel 2016 per oltre 16 miliardi, ieri al Tesoro hanno lavorato a lungo per coprire almeno in parte le clausole di salvaguardia del 2017 e del 2018. Ce ne sono per 26 miliardi nel 2017, circa 29 nel 2018; nel testo definitivo dovrebbero scendere rispettivamente a 14 e 18 miliardi di euro. Non cambia nulla invece per quanto riguarda il limite all’uso del contante, che salirà da mille a tremila euro. Il ministro Padoan, in passato grande sostenitore della stretta, rivendica «il diritto di cambiare idea. Rispetto il parere contrario del commissario Anticorruzione Cantone, ma l’evidenza mi dice che non è vero che nei Paesi nei quali c’è più contante c’è più evasione».