La Stampa 2110.15
“Non è più una trasgressione è un anestetico”
Lo psicoterapeuta: i nostri figli sono tristi, temono il futuro
Il professor Matteo Lancini è psicologo e psicoterapeuta specializzato in età evolutiva e insegna all’Università di Milano.
Così giovani e già con la bottiglia in mano. Professore, perché lo fanno?
«Non più per trasgressione, sperimentazione o ancora per opposizione all’autorità paterna, tutte cose che appartenevano ad altre generazioni; oggi lo fanno in funzione anestetica o prestativa, cioè per anestetizzare la tristezza o migliorare una prestazione, che di solito consiste nell’apparire allegri e scatenati nella società dell’immagine e dei social in cui sono immersi».
Se non sono neppure arrabbiati, perché sono così tristi?
«Senza generalizzare, è un disagio che ha a che fare con il futuro, anzi con la mancanza di futuro che gli viene continuamente prospettata; se ripetiamo loro che non ci sono prospettive, non ci sarà lavoro e il pianeta lo stiamo distruggendo, è ovvio che gli adolescenti, che conoscono i benefici dell’infanzia mentre quelli del futuro non li vedono, vivono più schiacciati sul presente, cercando di cogliere l’attimo».
Ma il clima di crisi è un fatto, e in fondo i ragazzi condividono le preoccupazioni dei genitori…
«C’è stato un allarmismo sulla crisi che ha avuto ricadute sugli adulti, figuriamoci sugli adolescenti. Un adulto ha mediamente ancora un terzo del futuro, un giovane ne ha molto di più, e se non gli diamo soluzioni e speranze non lo aiutiamo a vivere».
E i genitori, in che cosa sbagliano questa volta?
«In realtà non sono così potenti… mai come in questo momento hanno competitor più grandi di loro: il marketing innanzitutto, che si rivolge direttamente ai giovani come non ha mai fatto prima; poi i modelli televisivi, a cui sono abituati fin da piccolissimi 24 ore al giorno sui canali tematici; infine il modello orientativo dei coetanei, forse uno dei più forti. I ragazzi di queste nuove generazioni diventano frequentatori di coetanei fin dall’asilo nido, e a 7-8 anni hanno incontrato il numero di bambini che i genitori forse hanno conosciuto a 20. Tutti questi soggetti - marketing, tivù, coetanei, internet - non hanno intenti educativi ma influenzano moltissimo».
I genitori quindi non sono più decisivi né nel male né nel bene?
«Al contrario, i genitori sono ancora modelli di identificazione fondamentale per i figli e devono fare il massimo sforzo per essere adulti autorevoli che presentano loro il futuro e le risorse necessarie per affrontarlo e costruirlo; devono offrire una relazione di speranza».
Comunicare con un adolescente non è proprio semplicissimo. Non basterebbe controllarlo?
«Controllare un adolescente è impossibile, fuoriesce dal monitor educativo; quel che gli adulti devono fare è, se combina qualcosa che non va, essere disponibili e sufficientemente non angosciati per ascoltarlo».
Perché è così importante non mostrarsi «angosciati»?
«Perché altrimenti i ragazzi non raccontano; e non perché abbiano paura della punizione, che non spaventa più nessuno, ma perché hanno paura di ferirci, soprattutto le mamme. Non sa quanti adolescenti ci vengono a chiedere di prendere in carico i loro genitori…».