martedì 20 ottobre 2015

La Stampa 20.10.15
Il rebus delle “intese”che allarmale opposizioni
di Marcello Sorgi


La legge di stabilità, e in prospettiva quella sulle unioni civili, stanno per trasformarsi nel secondo tempo della partita appena conclusa al Senato sulle riforme istituzionali. Non è tanto il merito dei provvedimenti (anche se di quello si parla, si tratti del taglio incondizionato della tassa sulla casa o dell’aumento del limite per i pagamenti in contanti), ma il timore, che ormai non riguarda solo la minoranza del Pd, che Renzi anche in queste due occasioni voglia appoggiarsi ai voti di Verdini, delineando un cambio stabile della maggioranza di governo.
Ieri infatti a sorpresa, dopo le dure prese di posizioni dei bersaniani, sulle modalità del varo della manovra ha espresso le sue riserve il ministro delle Infrastrutture Delrio, che fino a qualche mese fa sedeva a Palazzo Chigi come sottosegretario alla presidenza ed era stato promosso e allontanato dal cerchio stretto del premier, sembra per dissensi con lo stesso Renzi. Ora le divergenze prendono corpo con il ministri che obietta: un conto è fare le riforme con l’appoggio parlamentare più largo possibile, e un altro prefigurare anche su altri temi un’alleanza che può cambiare i connotati del Pd.
Anche Alfano sulle unioni civili fa un ragionamento simile: il ministro dell’Interno non si preoccupa tanto per le uscite annunciate di Quagliariello e altri senatori dal suo partito, ma dall’eventualità che la legge possa passare, insieme con il punto controverso delle adozioni all’interno di coppie omosessuali, o con una maggioranza Pd-5stelle, o con i soliti voti di Verdini, più altri che già s’annunciano da Forza Italia, come quello dell’ex-ministra Prestigiacomo.
A pranzo al Quirinale, Renzi ha parlato della legge di stabilità con il presidente Mattarella, e successivamente non è apparso affatto angosciato dalle turbolenze interne del suo partito. Il percorso della legge di stabilità prevede un confronto con la minoranza, com’è accaduto per la riforma del Senato, e se possibile un’intesa. Ma a differenza della materia costituzionale, su cui il governo doveva muoversi con più cautela, la manovra economica prevede che, come negli anni precedenti, per evitare stravolgimenti dell’impianto iniziale delle misure, a conclusione del dibattito parlamentare possa essere presentato un maxi-emendamento sul quale porre la fiducia.
Più complessa la questione delle unioni civili, che comunque entrerà nel vivo a gennaio. Renzi deve ancora decidere se tener duro sul punto più difficile: trasformando in una sorta di «affido rafforzato» le adozioni contestate, infatti, l’accordo sarebbe a portata di mano.