venerdì 16 ottobre 2015

La Stampa  16.10.15
“Depenalizzare l’eutanasia”
Asse bipartisan in Parlamento
La lettera di un malato chiede di calendarizzare subito la legge di iniziativa popolare. L’appello di 160 onorevoli: facciamo presto
di Ilario Lombardo


Max Fanelli l’ha scritta con gli occhi, l’unica parte del corpo che è ancora capace di muovere: ha scritto una lettera alla politica, allo Stato, per annunciare l’interruzione delle cure per la Sla. Max, da Senigallia, ha 55 anni e da due convive con la fase più terribile della malattia: a dicembre ha lanciato il primo appello per chiedere l’immediata calendarizzazione della legge sull’eutanasia di iniziativa popolare depositata alla Camera dall’Associazione Luca Coscioni nel settembre 2013. In questi mesi, nonostante sia nato un movimento, «#iostoconmax» con tanto di testimonial, nonostante la presidente della Camera Laura Boldrini e l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano abbiano sollecitato una risposta del Parlamento, non è successo nulla. E così Max ha deciso: «Caro Stato, se non mi dai la libertà e la dignità tieniti pure le medicine per la Sla». Questa è la chiusa della sua lettera, pubblicata cinque giorni fa con tutta la fatica di chi può scrivere, solo grazie a una particolare macchina, tre righe ogni due ore.
Una prima risposta è arrivata da Boldrini che gli ha chiesto di riprendere le cure, poi ieri dagli oltre 160 parlamentari che compongono l’intergruppo “Eutanasia e testamento biologico” che al testo di iniziativa popolare ha affiancato altre due proposte di legge su fine vita e testamento biologico di Sel. «Noi non pensiamo che l’esito del provvedimento sia scontato – spiega il capogruppo dei vendoliani Arturo Scotto –. Ma è importante che il Parlamento non rimanga insensibile alla richiesta di tanti malati». È lo stesso augurio che si fa dal governo il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, promotrice dell’intergruppo per il Pd, assieme ad altri colleghi di partito: «Si tratta della difesa del principio di autodeterminazione sulla propria vita: un principio che uno stato laico deve difendere se vuole essere uno stato veramente civile»
La legge ha una struttura molto semplice: prevede la depenalizzazione dell’eutanasia, se una persona maggiorenne, malata terminale, e aspettativa di vita molto ridotta, chiede di morire. Solo in questi casi, ben circoscritti, non si applicherebbe più la pena al medico. Il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico e del diritto all’eutanasia, sono temi che spesso vivono nell’ombra del dibattito pubblico. Emergono solo con la forza della cronaca, come è stato per il caso di Eluana Englaro e prima ancora di Piergiorgio Welby. Quando gli staccarono il respiratore, nel 2006, al suo capezzale, accanto alla moglie Mina e al leader radicale Marco Pannella, c’era anche Marco Cappato, oggi tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni: «Non pretendiamo che la nostra legge venga approvata – spiega -. Ma i politici almeno ascoltino l’opinione pubblica italiana sempre più favorevole all’eutanasia». Il 59 per cento secondo l’Eurispes, il 60 secondo uno studio dell’Economist. Attualmente, a consentire una qualche forma di eutanasia sono pochi Paesi europei, la Colombia e cinque stati Usa. In Italia, morire con l’aiuto di un medico, a certe condizioni, non si può. È un reato, assimilabile all’omicidio di consenziente o all’istigazione al suicidio, con pene che possono arrivare anche a 16 anni. «Ma qualcosa sta cambiando – dice Cappato – Le malattie neurogenerative stanno trasformando la morte in un processo più lungo, della durata di anni, una prospettiva di fronte alla quale tante persone vogliono esercitare la propria libertà».