domenica 11 ottobre 2015

La Stampa 11.10.15
“La situazione è quasi fuori controllo. Ormai ad agire sono dei lupi solitari”
L’analista Usa Trita Parsi: servono soluzioni a lungo termine
di Francesco Semprini


«L’inizio di un terza Intifada è solo questione di tempo. Il mondo è completamente assorbito dalla guerra siriana e ciò che sta accadendo tra israeliani e palestinesi passa quasi inosservato lasciando spazio a una veloce escalation dello scontro». È l’analisi di Trita Parsi, esperto di questioni mediorientali e già «scholar» del Middle East Institute.
Siamo sull’orlo di una terza «rivolta»?
«La situazione sta degenerando a una preoccupante velocità, temo proprio che stiamo andando verso quella direzione».
Non vede quindi spiragli di soluzione?
«Non mi sembra che ci sia una volontà né da una parte né dall’altra. Israele continua la sua politica di occupazione degli insediamenti, e conferma scarsa disponibilità al dialogo. Tra i palestinesi la situazione pare essere sfuggita di mano».
È Hamas ad avere il pieno controllo della rivolta?
«Non necessariamente. Certamente Hamas avrà interesse a dar fuoco alle polveri, e senza dubbio chi conduce determinati azioni contro gli israeliani è manovrato o riconducibile a loro. Ma questa volta devo dire che vedo tante azioni individuali, episodi singoli, che nascono - a mio parere - dalla volontà di persone non appartenenti necessariamente a una organizzazione precisa».
Intende dire che anche lo scenario israelo-palesinese si è arricchito di lupi solitari?
«Chiamiamoli così. Sono persone che agiscono per conto proprio, trovando ispirazione nella generale tensione politica e sociale che perdura nello Stato ebraico. Del resto le tensioni erano palpabili da mesi, era solo questione di tempo, e come dicevo, temo sia solo questione di tempo prima che gli scontri sfocino in una nuova Intifada».
Come possono Abu Mazen e Netanyahu fermare l’escalation?
«Non c’è assolutamente modo di calmare gli animi se non si trova una soluzione di medio-lungo periodo al problema degli insediamenti. Mi sembra che da parte israeliana non ci sia nessun interesse, né tanto meno nessuna posizione di forza capace a ricondurre le parti a un confronto e a un dialogo su questo aspetto».
Neanche attraverso pressioni esterne?
«Il punto è capire se la comunità internazionale rimarrà ferma davanti a questa situazione, così come lo è stata sino adesso. Io temo di sì, anche perché mai come in questo momento gli Stati Uniti e l’Europa sono stati tanto disillusi su tutta la situazione in Medio Oriente».
Questo vuol dire che ciò che sta accadendo in Israele è collegato alle altre tensioni della regione, in particolare al conflitto in Siria?
«Il legame è duplice. Da una parte influisce il clima di profonda divisione settaria che c’è nel mondo islamico, e le conseguenze create nei singoli Paesi dalle Primavere arabe. Dall’altra il mondo è preoccupato principalmente per la guerra siriana, che occupa i primi posti nelle agende di tutti i Grandi della terra, pertanto quello che accade tra israeliani e palestinesi è quasi fuori dei radar della attualità politica».