domenica 11 ottobre 2015

La Stampa 11.10.15
Assalti al coltello a Gerusalemme
E a Gaza è battaglia sul confine
Feriti sei israeliani, uccisi due ragazzini della Striscia
Netanyahu richiama i riservisti
di M. Mo.


Assalti al confine da Gaza, accoltellamenti a Gerusalemme e proteste da Nazareth alla West Bank: sono i fronti caldi della rivolta palestinese contro Israele che spingono il governo di Netanyahu a richiamare centinaia di riservisti di polizia e guardia di frontiera in previsione di violenze in crescita.
Scontri a Khan Yunes
A Est di Khan Yunes, nel Sud della Striscia di Gaza, una folla di palestinesi attacca per il secondo giorno di seguito le postazioni israeliane lungo il confine. Gli «shabab» lanciano molotov, pietre e si fanno strada con pneumatici in fiamme. L’intento è sfondare la rete e penetrare in Israele. I soldati sparano per fermarli e almeno due vengono uccisi: Marwan Barbakh e Khalil Othman, di 11 e 15 anni. Per la Mezzaluna Rossa palestinese i feriti degli ultimi due giorni sono 568, incluso un 13enne colpito al valico di Erez e ricoverato in condizioni critiche. Peter Lerner, portavoce militare israeliano, afferma che «i soldati hanno sparato contro gli agitatori».
In serata gli «shabab» tornano all’assalto, in almeno 30, penetrano in Israele: 5 vengono arrestati e gli altri sono respinti. È un campanello d’allarme: Hamas ha trovato una nuova tattica che mette in difficoltà i soldati israeliani.
Attacchi a Gerusalemme
Sulla Ha-Neviim Street due ebrei ortodossi provenienti dalla Città Vecchia vengono accoltellati da un palestinese di 16 anni, catturato. L’aggressione è avvenuta, ancora una volta, colpendo alle spalle le vittime. Poco dopo un altro palestinese ferisce due guardie di frontiera nei pressi della Città Vecchia: viene ucciso ma nella reazione gli agenti feriscono anche due militari, uno dei quali è in gravi condizioni. Ismail Hanyeh, leader di Hamas, parla da Gaza di «Intifada per Al Aqsa» chiedendo agli arabo-israeliani di «colpire il nemico» alle partite di calcio che si giocano il sabato sera. L’intento è aumentare gli attacchi all’interno di Israele pre-1967 e in serata un altro israeliano viene ferito a Hebron. Il governo di Netanyahu reagisce ordinando il richiamo di centinaia di agenti di polizia e della guardia di frontiera perché «le minacce sono in aumento».
È lo stesso motivo che spinge il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, ad accorciare gli orari delle lezioni mentre centinaia di ristoranti, bar e luoghi pubblici reclutano in fretta ulteriore personale per la sicurezza. Il ministero dell’Economia, con una disposizione ad hoc, consente giornate lavorative di 14 ore - anziché 8 - per «motivi di sicurezza».
Protesta a Nazareth
Nella più grande città arabo-israeliana sono in centinaia a scendere in piazza per condannare le «violenze israeliane» esprimendo solidarietà con «i fratelli palestinesi a Gaza e nella West Bank». È il terzo fronte della rivolta: a guidarlo è il Movimento islamico, in prima fila nella denuncia delle «violazioni di Al Aqsa». Proprio al Movimento islamico si richiamano mille palestinesi di Kfar Qassem, in Cisgiordania, che danno battaglia.
Il Segretario di Stato, John Kerry, chiama il presidente palestinese Abu Mazen chiedendo di «raffreddare la situazione» in tempi stretti per scongiurare una terza Intifada destinata ad essere guidata da Hamas ed altri gruppi jihadisti.