domenica 11 ottobre 2015

Il Sole Domenica 11.10.15
Nobel per la fisica
Il mistero del neutrino mancante
di Umberto Bottazzini


Il 6 ottobre l’Accademia delle Scienze svedese ha annunciato che il Premio Nobel 2015 per la Fisica è stato attribuito al giapponese Takaaki Kajita e al canadese Arthur B. McDonald «per la scoperta delle oscillazioni del neutrino, che mostra che i neutrini hanno massa». Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald guidano due grandi gruppi di ricerca, rispettivamente al Super Kamiokande, un gigantesco rivelatore in Giappone, e al Sudbury Neutrino Observatory: il Nobel premia i risultati da loro ottenuti diversi anni fa. Nel 1998 Takaaki Kajita ha annunciato che, nel loro viaggio verso Super Kamiokande, i neutrini generati da reazioni tra i raggi cosmici e l’atmosfera terrestre sembrano essere soggetti a una metamorfosi che, per così dire, muta la loro identità. Lo stesso fenomeno è stato rilevato nel 2001 dal gruppo guidato da Arthur B. McDonald al Sudbury Neutrino Observatory che studiava i neutrini provenienti dal Sole. Questa metamorfosi implica che i neutrini hanno massa. Si tratta di una scoperta che «può rivelarsi cruciale per la nostra visone dell’Universo», si legge nel documento dell’Accademia delle Scienze svedese. Per quanto sia estremamente difficile rilevarli, l’Universo è pieno di neutrini, le particelle più numerose dopo i fotoni. Continuamente creati in processi come l’esplosione di supernove, la “morte” di grandi stelle, il decadimento radioattivo, anche se la maggior parte di quelli che arrivano sulla Terra provengono da reazioni nucleari all’interno del Sole. In ogni istante miliardi di neutrini attraversano il nostro corpo quasi alla velocità della luce e senza quasi interagire con la materia. Eppure la loro esistenza fu a lungo messa in dubbio. La caccia a questa elusiva particella inizia negli anni Trenta del secolo scorso, quando Wolfgang Pauli ne ipotizza l’esistenza nel tentativo di spiegare la conservazione dell’energia nel decadimento beta. «Ho fatto qualcosa di terribile: ho postulato l’esistenza di una particella che non può essere rilevata», scriveva Pauli in una celebre lettera ai colleghi fisici del dicembre 1930.
Egli pensava infatti che questa particella fosse priva di massa, e, in analogia al protone, propose di chiamarla neutrone. Nome che invece apparve più appropriato per la particella dotata di massa e fortemente interagente, simile al protone, la cui esistenza fu scoperta nel 1932 da James Chawick. Fermi propose allora di chiamare neutrino l’elusiva particella di Pauli. Non è stata solo questa l’occasione in cui la lunga storia della caccia ai neutrini ha visto protagonisti dei fisici italiani. La convinzione di Pauli che la particella da lui congetturata non potesse mai essere “osservata” fu tuttavia smentita da un decisivo esperimento effettuato, su suggerimento di Bruno Pontecorvo, da Frederick Reines and Clyde L. Cowan, Jr. nel giugno 1956. L’anno seguente lo stesso Pontecorvo teorizzò che esistono tre tipi, o “sapori” come vengono chiamati dai fisici, di neutrini e che la conversione del “sapore” di un neutrino sia fondamentalmente un effetto quantistico. Più di quarant’anni dopo, l’intuizione di Pontecorvo sulla natura per così dire camaleontica del neutrino ha trovato infine conferma sperimentale per opera dei gruppi di ricerca diretti da Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald.
Questa scoperta ha chiarito finalmente un puzzle che imbarazzava i fisici da decenni, il «mistero dei neutrini mancanti». Infatti, rispetto ai calcoli teorici sul numero dei neutrini provenienti dal Sole, nelle misurazioni effettuate sulla Terra ne mancavano circa due terzi. Gli esperimenti hanno ora chiarito che nel loro viaggio i neutrini hanno “cambiato identità”. «La scoperta che i neutrini possono passare da un sapore all’altro e pertanto hanno massa non nulla costituisce una pietra miliare per la fisica delle particelle. Essa rappresenta una irresistibile evidenza sperimentale dell’incompletezza del Modello Standard per la descrizione della natura», affermano gli Accademici svedesi. Il cosiddetto Modello Standard elaborato negli anni Settanta che ha trovato straordinarie conferme sperimentali, come nel caso del bosone di Higgs, prevede che i neutrini siano privi di massa. Il meccanismo che genera la loro massa è a tutt’oggi sconosciuto, e neppure la loro massa è stata finora misurata. L’estensione del Modello Standard per includervi la massa del neutrino richiede «una nuova fisica». Ecco perché, affermano gli Accademici svedesi, «la scoperta delle oscillazioni del neutrino ha aperto la via verso una più profonda comprensione dell’Universo in cui viviamo».