mercoledì 14 ottobre 2015

Il Sole 14.10.15
Il caso Marino e quei partiti che prevalgono sul voto popolare
di Montesquieu

Non è e non deve essere, come è apparso fino ad oggi, una partita a due tra il partito democratico e il sindaco Marino, un duello, quello che si è scatenato intorno al comune di Roma. Eppure, così viene costantemente presentato sugli organi di informazione, comprensibilmente attratti dai profili agonistici più che da quelli istituzionali; così lo ha impostato il partito democratico, il partito del sindaco; così è sembrato viverlo, almeno all’inizio, lo stesso Marino . E così potrebbe viverlo ancora. Fanno eccezione, in questo quadro di generale amnesia, gli elettori che in numero lievitante chiedono il rispetto del voto popolare che ha eletto il sindaco di Roma, indipendentemente dal giudizio sulla sua azione politico-amministrativa. Lo stesso Marino, persino lui, sembra avere rimosso la consapevolezza che la fonte della propria legittimazione ha la forza politica e giuridica di un voto popolare, quindi della volontà liberamente espressa dalla maggioranza degli elettori romani. Il partito democratico nazionale, imponendo ai propri assessori le dimissioni dalla giunta comunale, si è riappropriato della vita di un’amministrazione, dando vita ad una pratica che una formidabile riforma dell’inizio degli anni ’90 aveva sottratto all’arbitrio delle forze politiche. Una formidabile riforma che reca il sigillo delle camere del tempo, in ossequio alla intimazione del capo dello Stato Scalfaro al Parlamento ad operare «sotto la dettatura» degli esiti della straordinaria stagione referendaria promossa da un uomo politico rimosso esso stesso dai partiti di allora e di oggi, Mario Segni; e dimenticato dai mezzi di informazione, che pure hanno giustamente e duramente imputato alla politica una totale impotenza riformatrice.
?A quella stagione di riforme dal basso, sfortunatamente schiacciata dal fragore della stagione investigativa e giudiziaria di “mani pulite” – quasi ad esorcizzare una sinergia che poteva affiancare una potentissima carica catartica alla volontà popolare di riforma della politica – si deve l’abbandono di pratiche inquinate ed inquinanti quali un integralismo proporzionalistico ed un sistema di preferenze i cui danni sono oggi evidenti. Quel ghiaccio fragorosamente rotto da una esasperata volontà popolare, si richiude oggi grazie a questa condotta “controriformatrice” del partito che ha espresso il sindaco ripudiato, condivisa senza riserve dagli altri partiti o liste elettorali, acriticamente ingolositi da una precoce prospettiva elettorale. Sarà pur sempre il popolo ad eleggere un nuovo sindaco, è vero; ma tornerà ad essere la politica a deciderne le sorti, quando lo riterrà opportuno. C’è una abilità tutta italiana nel rimuovere riforme e conquiste legislative senza modificarle: pari a quella inversa ma simmetrica, già descritta in precedenti occasioni, consistente nel promuovere mutamenti nei comportamenti istituzionali e costituzionali senza toccare la carta costituzionale. Un tempo si parlava di “partitocrazia”, come di un fenomeno negativo. Se si perderà anche quella coscienza negativa, del prevalere della volontà dei partiti sui diritti dei cittadini e delle istituzioni, quella superficie di ghiaccio diverrà definitivamente impermeabile.
montesquieu.tn@gmail.com