domenica 11 ottobre 2015

Il Sole 11.10.15
La tempesta perfetta che può travolgere il Medio Oriente
di Vittorio Emanuele Parsi


La tempesta perfetta, capace di travolgere l’intero quadro regionale a partire dal suo epicentro siriano. Il rischio, mai così concreto, che Aleppo possa cadere in mano non della resistenza anti Assad ma di Daesh (Isis), spiega la repentinità della decisione russa di intervenire militarmente a sostegno del regime. Evidentemente, nonostante i successi militari conseguiti da Hezbollah sul confine siro-libanese durante l’estate, il regime era in condizioni assai più precarie di quanto potesse apparire.
La lunga inazione dell’Occidente in questa crisi ha consentito a Daesh di rinforzarsi oltre misura e, soprattutto, ha concesso uno spazio spropositato agli attori regionali, permettendo loro di trasformare il quadro della guerra civile siriana in un fronte che di fatto ha coinciso con il raggio di azione del sedicente Califfato del terrore. Iraq e Siria sono diventati i campi di battaglia in cui Arabia Saudita, Iran e Turchia hanno condotto i loro giochi di guerra, convinti di poterne divenire i burattinai mentre in realtà ne restavano sempre più intrappolati.
Gli eventi drammatici di ieri mattina ad Ankara ci parlano, ad un tempo, del rischio crescente che il Paese sia risucchiato sempre di più nel gorgo siriano e della possibile involuzione autoritaria del regime di Erdogan. Ed evoca legami inquietanti tra un altro e diverso “Stato profondo” rispetto a quello in passato legato ai Lupi Grigi ma egualmente ossessionato dal problema curdo.
Il dilagare della violenza e il cinismo estremo dimostrato da alcuni degli apprendisti stregoni mediorientali è visibile non solo nel Levante ma anche nella Penisola arabica, in Yemen, teatro di una tragedia dimenticata.
Il collasso del sistema mediorientale è a tal punto avanzato da apparire in grado di travolgere persino l’accordo sul nucleare iraniano tanto faticosamente raggiunto. Piuttosto che contribuire a stabilizzare la regione attraverso la necessaria integrazione di un attore troppo a lungo ostracizzato, essa concorre involontariamente a consolidare i successi conseguiti dall’Iran, a un livello percepito come intollerabile dalla fragile e perentoria leadership israeliana.
Il coinvolgimento di Israele nelle operazioni contro gli Hezbollah e i pasdaran iraniani in Siria è infatti aumentato proprio in seguito al raggiungimento dell’intesa di Vienna e rischia di conferire alla ormai tradizionale ostilità tra il partito-milizia sciita libanese e lo Stato ebraico una dimensione regionale.
Anche per questo la cosiddetta “Intifada dei coltelli” preoccupa così tanto, perché per la prima volta da molti anni la questione israelo-palestinese torna a essere pericolosamente ricompresa in una dinamica regionale più ampia, ritorna ad essere una questione arabo-israeliana, come minimo.
In uno scenario gia così pesantemente destabilizzato l’ultimo elemento che avremmo voluto veder comparire è quello della rivalità tra Russia e Stati Uniti in termini di sfere d’influenza. Mentre è una pericolosa illusione quella di poter credere che “standosene fuori” si possa anche “stare al sicuro”, altrettanto pericoloso sarebbe lasciar prevalere i motivi di dissenso con la Russia - che pur ci sono e sono consistenti - e rinunciare invece a perseguire il coordinamento dell’azione della comunità internazionale il cui scopo ultimo, al di là dell’urgenza di fermare Daesh, è ormai anche quello di arrestare il collasso di tutto il Medio Oriente.