martedì 27 ottobre 2015

il manifesto 27.10.15
Panico nel Pd romano: uniti ma non per sempre
All’indomani della manifestazione dei supporter di Ignazio Marino, va in tilt la strategia imposta dal commissario dem Matteo Orfini agli eletti romani
La piazza non era oceanica ma fa paura lo stesso. I consiglieri dem chiedono aiuto al partito nazionale
Il gruppo Sel: «Non voteremo la sfiducia, ascoltiamo il sindaco». In forse la convocazione del consiglio dove il ’marziano’ potrebbe ritirare le dimissioni
di Eleonora Martini


ROMA «Sfido un leader del Pd a portare in piazza 2–3 mila persone da solo, senza partito. La manifestazione di domenica credo sia stata un successo. Sul futuro, sinceramente non so cosa accadrà». Forse ha ragione l’assessora Alessandra Cattoi, braccio destro di Ignazio Marino. Certamente non è stata una manifestazione oceanica, quella dei supporter del sindaco dimissionario sotto le finestre di Palazzo Senatorio che hanno strappato al “marziano” la promessa sperata: «Non vi deluderò — ha detto Marino entusiasmato fin sopra le righe — siamo realisti e vogliamo l’impossibile». Un bagno di folla sì, ma non da far tremare le urne, eppure fatto sta che di sfidare la piazza non se la sente nessuno, tra gli eletti del Pd capitolino. E per quanti sforzi stia facendo il commissario Matteo Orfini, l’operazione di blindare come un sol uomo il gruppo dem mostra ogni giorno di più le sue crepe.
Ieri, mentre Sel dichiarava di «aspettare che il sindaco riferisca in Aula» e annunciava che non avrebbe votato alcuna mozione di sfiducia contro Marino «né con il Pd, né con la destra», i consiglieri democratici erano riuniti in via del Tritone a cercare una luce fioca in fondo al tunnel che qualcuno — loro malgrado — gli ha costruito intorno. Ma al di là delle paludate dichiarazioni ufficiali — «Il gruppo consiliare e il Pd sono un tutt’uno nel giudicare l’amministrazione Marino» -, la conta, pallottoliere alla mano, ha avuto un solo responso: se neppure Renzi ha il coraggio di sporcarsi le mani e di confrontarsi con noi — hanno fatto trapelare i consiglieri — da soli, senza il Pd nazionale, si va soltanto allo sbaraglio.
«Ognuno di noi ha su ciò che potrebbe accadere una posizione diversa — riferisce all’Ansa il capogruppo Pd, Fabrizio Panecaldo — io sono per non votare nessun atto contro il sindaco insieme alla destre, con chi ha sfasciato Roma e fatto Parentopoli». Ma il portavoce dei consiglieri dem, malgrado torni ad invitare il sindaco a non ritirare le dimissioni, sembra offrire un varco nel muro di ostilità che si va cementando nel silenzio ostinato del Nazareno: «Se il sindaco ci chiama per un confronto noi andiamo — fa sapere Panecaldo — Ad oggi non siamo stati convocati».
Marino infatti, durante il bagno di folla di domenica in Campidoglio, aveva promesso ai suoi supporter che si sarebbe confrontato «con la mia maggioranza». Con ogni probabilità però il sindaco dimissionario non pensa affatto ad un incontro privato nel chiuso delle stanze, una sorta di replay del faccia a faccia che ebbe con il vicesindaco Marco Causi e con l’assessore Alfonso Sabella e dal quale ne uscì con le dimissioni in mano. Questa volta, Marino cerca il confronto pubblico in consiglio comunale. Ed è in Aula, nella sede più autorevole, che potrebbe ritirare le sue dimissioni. Ma anche su questo trova la resistenza del suo partito.
La presidente d’Aula Valeria Baglio assicura però al manifesto (vedi intervista in pagina) che convocherà l’assemblea capitolina alla presenza del sindaco dimissionario nel caso in cui la maggioranza dei capigruppo sarà d’accordo. Anche contro il volere del Pd, e anche se il regolamento del Campidoglio potrebbe autorizzarla a rinviare la seduta a dopo il 2 novembre, neutralizzando così i piani di Marino.
Cresce, infatti, nel gruppo dem, la consapevolezza che con questi escamotage si rischia solo di uccidere definitivamente le prospettive di successo alle prossime elezioni amministrative. E senza alcuna rete di sicurezza montata dal partito nazionale.
Così, se da un lato i consiglieri chiedono al premier/segretario di sporcarsi le mani per firmare con loro l’epilogo del centrosinistra romano, dall’altro smentiscono divisioni e mal di pancia: «La posizione assunta dal Pd nazionale e da tutti noi non è mai cambiata rispetto al 12 ottobre, giorno in cui il sindaco ha presentato le sue dimissioni. Null’altro c’è da ribadire se non che ogni futura decisione sarà condivisa e concordata con il Partito di cui facciamo parte e di cui fanno parte gli eletti a tutti i livelli», scrivono in una nota ufficiale Valeria Baglio, Erica Battaglia, Orlando Corsetti, Athos De Luca, Michela Di Biase, Cecilia Fannunza, Alfredo Ferrari, Valentina Grippo, Liliana Mannocchi, Dario Nanni, Marco Palumbo, Fabrizio Panecaldo, Gianni Paris, Laura Pastore, Ilaria Piccolo, Maurizio Policastro, Antonio Stampete, Giulia Tempesta, Daniela Tiburzi.
«In questi due anni abbiamo garantito alla città un lavoro costante nell’Aula e nei territori. Mai come in questi giorni — aggiungono — il Gruppo del Pd è stato unito, coeso e al servizio di quell’opera di ricostruzione di cui la città ha realmente bisogno». È un avvertimento, però: nulla dura per sempre.