martedì 27 ottobre 2015

Corriere 27.10.15
Renzi non interviene: è compito di Orfini. Il commissario sicuro che alla fine lascerà
di Maria Teresa Meli


ROMA «C’è una persona che sta lì proprio per chiudere questa vicenda: che la chiuda. Io non mi infilo mica in certe beghe e tanto meno mi metto a mercanteggiare». Matteo Renzi ha fatto capire chiaro e tondo ai collaboratori (e non solo a loro) che lui non intende farsi trascinare nelle polemiche romane.
Il convincimento del premier è che a Roma c’è un commissario del partito, Matteo Orfini, che sin dall’inizio ha gestito il «caso Marino» e quindi adesso tocca lui finire l’opera.
Il presidente del Pd, prima strenuo difensore del sindaco e ora suo grande accusatore, ha rassicurato Palazzo Chigi: «Ignazio senza dubbio non ritirerà le dimissioni, sa che senza il Pd non può andare avanti perché non avrebbe una maggioranza».
Al Nazareno sperano che Orfini abbia ragione e che veramente il primo cittadino della Capitale si faccia da parte senza mandare per le lunghe quello che è diventato un vero e proprio «tormentone». Anche perché nessuno crede veramente alle dimissioni dei consiglieri comunali come arma di pressione nei confronti del sindaco. Primo perché i consiglieri del Pd sono 19 e non bastano per ottenere lo scopo di mandare all’aria la giunta. Secondo, perché di quei 19 almeno un terzo è poco propenso ad abbandonare le sue funzioni.
Non a caso nel documento che Orfini ha fatto firmare ieri a tutti i consiglieri del partito democratico la parola dimissioni non c’è. È un testo sufficientemente vago perché vada bene anche a coloro che non hanno intenzione di spingere troppo l’acceleratore.
Del resto, ieri mattina la stessa presidente dell’Assemblea Capitolina, Valeria Baglio, che pure non ha intenzione di mettersi in urto con il Pd nazionale, osservava: «Certo, dispiace andare alle elezioni in primavera e non continuare, perché così si rischia di consegnare Roma ai grillini».
Dunque, il fronte dei consiglieri comunali della Capitale non è granitico. Ma Orfini continua a rassicurare il presidente del Consiglio e i suoi uomini: Marino non resterà in Campidoglio e se ne andrà.
D’altra parte, il commissario romano avrà i suoi buoni motivi per parlare con tutta questa sicurezza. Orfini infatti sa benissimo che in questa partita, in cui si è fatto coinvolgere in prima persona, si sta giocando la faccia. Come sa anche che Renzi sulla vicenda romana ha un punto di vista ben preciso, come ha ripetuto più e più volte ai collaboratori: «Marino non ha niente da chiedere e io non ho niente da dare. Non è questo il problema. Lui deve decidere rispondendo solo alla sua coscienza e alle esigenze della città di Roma, che è la Capitale, che non merita di restare in questa situazione». Insomma, bisogna assolutamente portare a casa le dimissioni del sindaco e aprire un altro capitolo.
È altamente probabile che anche così, con l’addio di Marino al Campidoglio, vi siano delle ripercussioni per il Partito democratico. All’esterno e all’interno. Ma su quest’ultimo versante il colpo verrà attutito dal fatto che il sindaco dimissionario non fa più formalmente parte del Pd, non essendosi iscritto per due anni di seguito, né è più un componente della Direzione nazionale.
E, comunque, se alla fine il primo cittadino di Roma si decidesse a chiudere una volta per tutte la partita, senza recriminazioni, senza ulteriori esternazioni o nuove adunate in Campidoglio, allora, forse, nei suoi confronti potrebbe venire da parte del Pd il riconoscimento che tanto agogna, quell’onore delle armi, che fino ad adesso gli è stato negato.