martedì 27 ottobre 2015

Corriere 27.10.12
Marino, i tormenti dei ddm romani. I 19 consiglieri: il premier dia la linea
Riunione serrata, poi il documento. Gabrielli: mangerò il panettone con lui? Chi lo sa?
di Ernesto Menicucci


ROMA «Ogni futura decisione sarà condivisa e concordata col partito di cui facciamo parte e di cui fanno parte gli eletti a tutti i livelli». C’è voluta un’ora e mezza di riunione, a tratti anche serrata, per far uscire dal gruppo del Pd al Campidoglio questa posizione rispetto alla «crisi Capitale» di questi giorni. Perché poi, se Ignazio Marino dovesse ritirare le dimissioni (il count down galoppa: ora mancano sei giorni al termine), il «cerino» rimarrebbe al Pd, sempre più dilaniato.
Non tanto, o non solo, sul proseguire o meno l’avventura col «comandante Ignazio», quanto sulla gestione del partito da parte di Matteo Orfini. Un anno difficile, iniziato con «Mafia Capitale», proseguito col famoso rapporto di Fabrizio Barca (quello dei circoli «cattivi e pericolosi») e finito con l’ondivagare delle posizioni sul sindaco, dal «non parliamo di viaggi e scontrini», all’addio in fretta e furia. In mezzo al guado, ci sono i consiglieri dem dell’aula Giulio Cesare, ai quali toccherebbe il ruolo di «sicari»: attraverso le dimissioni in massa (la strada preferita) o con la mozione di sfiducia (molto più complicata politicamente), operazioni entrambe da fare con le opposizioni.
Ieri il gruppo si è riunito nella sede di via del Tritone. E, seppur tra mille tormenti, con 6-7 interventi scanditi dallo stesso leitmotiv («intervenga Renzi, ci metta la faccia lui e ci dia la linea da seguire»), la sintesi venuta fuori appare unitaria: «Ribadiamo — si legge nel documento — con grande nettezza che il gruppo consiliare e il Pd sono tutt’uno nel giudicare l’amministrazione Marino». E ancora: «La posizione non è cambiata rispetto al 12 ottobre, giorno delle dimissioni del sindaco». Seguono le firme dei 19 consiglieri, dal capogruppo Fabrizio Panecaldo alla presidente dell’aula Valeria Baglio, fino a Michela Di Biase, moglie del ministro Dario Franceschini. Certo, la sfiducia va evitata: «Non votiamo con le destre». E, prima di decidere, i consiglieri dem vogliono garanzie statutarie, visto che chi vota contro il proprio sindaco potrebbe anche essere espulso. L’altro punto critico è Orfini, non citato nel comunicato: «Ce lo deve dire il premier cosa fare, di lui non ci fidiamo più», dice un esponente Pd.
Il Nazareno, da parte sua, ha già scaricato il sindaco. Secondo Franceschini «in città c’era un malessere diffuso», mentre per Marco Causi «quello di Marino è un arroccamento senza sblocchi politici». E il sindaco? «Due cose sono chiare: non farà una lista civica e si muove ancora nel recinto del Pd, il suo partito», dicono i suoi. Il prefetto Franco Gabrielli se la cava con una battuta: «Mangerò il panettone con Marino? Chi può dirlo? Se non cambia nulla, il 2 novembre nomino il commissario».