Corriere 27.10.15
Le ombre
La strettoia del premier tra riforme e Campidoglio
Non si chiude ancora il caso Marino e proietta le sue ombre sul Pd nazionale E il prefetto Gabrielli aspetta
di Massimo Franco
Probabilmente Matteo Renzi sperava di ritornare dalla visita in America Latina, il 29 ottobre, e di ritrovarsi a discutere di legge di Stabilità. Ci sarà anche quella, con qualche incognita e molte polemiche sul fisco; e con i ricorsi e le minacce di referendum delle opposizioni sull’ Italicum , il nuovo sistema elettorale: una manovra tesa a delegittimare la riforma, più che ad affossarla. Ma ci sarà soprattutto l’interminabile caso di Ignazio Marino. Le dimissioni in sospeso del sindaco di Roma stanno sfibrando il Pd capitolino. E proiettano lo scontro sul piano nazionale. Ufficialmente, i consiglieri del partito sono pronti a sfiduciare Marino. La posizione ufficiale, tuttavia, è venata dalle sfumature.
Dire che la soluzione finale dipenderà da quanto deciderà il vertice rimanda al premier, ormai. Toccherà a Renzi sbrigare un pasticcio che sembrava concluso con l’annuncio di dimissioni e invece si trascina facendo precipitare il Pd nei sondaggi. «Il Pd firmi la nostra mozione di sfiducia» al sindaco di Roma Ignazio Marino, incalza il deputato romano del M5S, Alessandro Di Battista. Forza Italia sostiene di essere «pronta a governare» dopo la giunta di sinistra, dimenticando il malaffare della precedente in cui stava.
Il gioco di Marino continua ad essere quello di resistere a oltranza, appoggiandosi ad una presunta «piazza» plaudente; e di confidare nelle paure e nelle incertezze dei Dem per tentare il salto mortale della propria riconferma: esito improbabile, nonostante tutto. L’ipotesi subordinata è quella di passare come vittima della resa dei conti nel Pd, e di sfruttare la sponda di Sinistra ecologia e libertà per sottolineare l’offensiva dei renziani. Non a caso, ieri il partitino di Nichi Vendola ha fatto sapere che non voterà la sfiducia a Marino insieme alla «destra che ha distrutto Roma» con Gianni Alemanno sindaco.
L’ombra sporca di Mafia Capitale si allunga su qualunque manovra di potere, condizionando le soluzioni e offrendo un vantaggio al sindaco uscente. Lo stesso Pd può accusarlo solo di essere stato una sorta di re Mida alla rovescia, trasformando potenziali successi in boomerang. L’accusa, tuttavia, è debole. Non perché il primo cittadino abbia inanellato buoni risultati: al contrario, scontrini chiacchierati a parte, la sua amministrazione della città non riscuote che critiche. Il problema è che il «processo» del Pd a Marino è indebolito dalla difesa fattane dal partito per mesi.
L’aspetto sconcertante è che il limbo nel quale si trova Roma tiene in sospeso il Giubileo e inchioda il prefetto Franco Gabrielli. La bega è politica, e solo il premier può chiuderla. «Non ho altra possibilità che aspettare, per me valgono le dimissioni», ripete Gabrielli. «Se al termine dei venti giorni queste saranno confermate, il 2 novembre nominerò il commissario prefettizio». E quando gli chiedono se Marino «mangerà il panettone», nel senso che arriverà a Natale, risponde con sincerità: «Chi può dirlo?». È una sincera ammissione di impotenza: quanto succederà nelle prossime settimane non dipende da lui.