giovedì 1 ottobre 2015

il manifesto 1.10.15
Abu Mazen: «Non siamo più legati agli accordi con Israele»
Palestina. Non è chiaro cosa significheranno sul terreno le parole pronunciate dal presidente palestinese ieri davanti all'Assemblea dell'Onu. Abu Mazen non ha proclamato la fine degli Accordi di Oslo del 1993. Netanyahu, che oggi interviene al Palazzo di Vetro, respinge le accuse palestinesi.
di Michele Giorgio


GERUSALEMME Gli Accordi di Oslo tra palestinesi e israeliani sono finiti? Abu Mazen non lo ha proclamato apertamente ieri quando ha pronunciato il suo discorso davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ha affermato che i palestinesi non sono più legati agli accordi firmati nel 1993 e negli anni successivi, poichè Israele non li rispetta. «Fino a che Israele rifiuta di impegnarsi sugli accordi firmati con noi rendendoci un’autorità senza poteri reali — ha detto il presidente palestinese — e fino a che Israele si rifiuta di fermare le attività di colonizzazione e di liberare i prigionieri palestinesi, non abbiamo altra scelta…Non possiamo essere i soli ad attuare gli impegni e Israele violarli continuamente…Non possiamo continuare a ritenerci legati a questi accordi. Israele deve assumersi tutte le sue responsabilità di potenza occupante perché questo status quo non può continuare». Queste parole che significheranno sul terreno?
Gli interrogativi sono tanti. Abu Mazen ha sparato forte, ma a salve, come altre volte, senza alcun effetto concreto? Oppure vuole troncare sul serio contatti e cooperazione con Israele previsti dagli accordi di Oslo? Di sicuro non ha fatto alcun accenno alla collaborazione tra i servizi di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese e quelli israeliani, fortemente contestata dalla sua gente. Dura la prima reazione del premier israeliano Netanyahu, che con ogni probabilità risponderà ad Abu Mazen in modo ancora più pesante questo pomeriggio, quando spetterà a lui rivolgersi alla platea delle Nazioni Unite. «Il discorso (di Abu Mazen) è ingannevole e incoraggia l’incitamento e il disastro in Medio Oriente» ha scritto in un comunicato. «A differenza dei palestinesi – sostiene Netanyahu — Israele si attiene rigorosamente allo status quo sul Monte del Tempio, e si impegna a continuare a farlo in conformità con gli accordi tra Israele e la Giordania e il Waqf. Ci aspettiamo e sollecitiamo l’Autorità (palestinese) e il suo leader ad agire in modo responsabile e accettare l’offerta (da parte del primo ministro di Israele) di tenere negoziati diretti con Israele senza precondizioni».
Perplessi i palestinesi. Hanno ascoltato e applaudito a troppi discorsi alle Nazioni Unite senza poi vedere alcun cambiamento positivo sul terreno, nella loro vita di popolo sotto occupazione militare da decenni. Nelle strade di Ramallah e di altri centri abitati hanno festeggiato e applaudito solo i militanti di Fatah più legati al presidente. Scene ben diverse dalle ampie manifestazioni di approvazione con cui i palestinesi avevano accolto i discorsi pronunciati all’Onu da Abu Mazen negli anni passati. La speranza del riconoscimento tre anni fa al Palazzo di Vetro della Palestina quale Stato non membro, è stata spenta dalla delusione. E non solo a causa delle politiche di occupazione attuate da Israele che negano ancora la libertà ai palestinesi.
La parte più appassionata del discorso di Abu Mazen è stata quella iniziale. Il leader palestinese ha denunciato la tensione sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme, innescata, ha spiegato, dalle incursioni nel sito di gruppi israeliani. Una tensione, ha avvertito, con la quale il governo Netanyahu sta innescando una guerra di religione. Ha elencato violazioni del diritto internazionale e abusi commessi da Israele, con un accento particolare sulla continua espansione delle colonie ebraiche nei territori dello Stato di Palestina. Ha ricordato che esattamente due mesi fa il piccolo palestinese Ali Dawabsha, 18 mesi, veniva arso vivo assieme ai genitori nel villaggio di Kfar Douma da parte di estremisti israeliani e che gli assassini sono ancora liberi. Ha denunciato la distruzione della soluzione “Due Stati” da parte di Israele che, ha aggiunto, attua nei Territori occupati un doppio regime: uno di apartheid imposto ai palestinesi e un altro di privilegi per i coloni ebrei. Per questo ha esortato le Nazioni Unite a proteggere i palestinesi. «Abbiamo bisogno di protezione internazionale, non possiamo mantenere lo status quo», ha detto Abu Mazen «per favore, per favore, per favore, ci appelliamo a voi, abbiamo bisogno della vostra protezione internazionale». Infine ha proclamato la Palestina uno «Stato sotto occupazione», simile a quelli occupati durante le guerre passate o recenti. «Non è tempo che tutto ciò abbia fine?», ha chiesto all’Assemblea dell’Onu.
Ieri sera è stata issata per la prima volta la bandiera palestinese al Palazzo di Vetro.