Corriere 7.10.15
Libia, il dramma dei profughi. In due giorni 100 morti in mare. I primi trasferimenti Venerdì da Roma partirà alla volta di Stoccolma il primo gruppo di eritrei
Il rapporto: «Nel 2015 sono già più di 3.000 le vittime nel Mediterraneo»
di Alessandra Coppola
Due avvistamenti al principio di questa settimana lungo le coste della Libia, riportati ieri dagli operatori della Mezzaluna Rossa all’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (Oim): 85 corpi e poi ancora una decina, per un totale sconvolgente di tremila morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. Il conteggio dell’Oim segna una cifra esatta, 2.987, ma è una precisione che consapevolmente non tiene conto di decine di naufragi mai avvistati. L’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) , nell’aggiornamento dei dati di ieri, annota già 3.080 casi di annegati o scomparsi nel 2015, a fronte di 549.682 arrivi (di cui 416.245 in Grecia).
La maggior parte delle imbarcazioni s’è ribaltata dove son stati recuperati gli ultimi cadaveri, nel braccio di mare tra la costa meridionale della Sicilia, Malta e le spiagge libiche: almeno 2.703 vittime in meno di dieci mesi.
E il commissario Carlo Parini non si stupisce: «Il traffico non tende a diminuire, c’è una richiesta fortissima di partire e gli scafisti l’assecondano in tutti i modi, con qualsiasi barca». Al limite del galleggiamento. Responsabile del gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina, il commissario Parini dalla sua «base» siracusana ha il controllo esatto delle richieste d’aiuto e dei salvataggi in corso: «Ci sono stati 1.800 recuperi», solo ieri, «e dalla Libia stanno arrivando con i mezzi peggiori». Le sei imbarcazioni tratte in salvo lungo quella rotta nelle ultime ore «sono tutte gommoni». Stipati di profughi africani.
«Un terzo sono eritrei — spiega Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa — poi dal Sud Sudan, dalla Nigeria, dalla Somalia, dal Mali, dal Gambia...». Hanno attraversato mezzo continente, in Libia è troppo pericoloso restare, sono disposti a tutto pur di prendere il largo velocemente.
Di siriani su quelle sponde non ce ne sono quasi più: partono per la gran parte con imbarcazioni più resistenti dall’Egitto. Oppure s’avventurano dalla Turchia in direzione delle vicine isole greche, con barchette di legno che si usano per le gite turistiche o addirittura con canotti gonfiabili. Per quanto il tratto di mare sia brevissimo, anche su quelle coordinate la situazione si sta facendo preoccupante. L’Oim conta già 259 morti e Sami spiega che ormai si registra anche nell’Egeo un naufragio ogni due giorni.
Il presidente di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, s’è accordato ieri con Bruxelles per dislocare in Turchia sei centri di accoglienza cofinanziati dall’Unione, in un’intesa che prevede anche trasferimenti nei Paesi Ue. Venerdì, intanto, il primo gruppo di rifugiati, una ventina di eritrei, sarà ricollocato in base al piano europeo: da Roma a Stoccolma.
La settimana prossima un secondo gruppo di siriani partirà dalla Grecia verso il Lussemburgo.