sabato 31 ottobre 2015

Corriere 31.10.15
Nuova strage di bimbi
Tsipras: Europa ipocrita. Berlino limita gli accessi
Doppio naufragio nell’Egeo. Non partono gli smistamenti
di Maria Serena Natale


Non sono passati neanche due mesi da quando Angela Merkel ha lanciato il suo messaggio alla Germania e all’Europa, «possiamo farcela». Ieri, nel giorno del doppio naufragio che ha ucciso quattro neonati e nove bambini, il premier greco Alexis Tsipras ha gettato la spugna, «di questa Europa mi vergogno».
Il mare s’ingrossa, con il senso d’impotenza. In 24 ore al largo di Kalymnos e Rodi sono morte almeno 22 persone nel tentativo di superare la manciata di chilometri che separa le coste turche dalle isole dell’Egeo, 144 sono state tratte in salvo da volontari e Guardia costiera. Il flusso dei profughi da Siria, Afghanistan, Iraq e Paesi africani non si è mai fermato, né diminuisce ora che cala il gelo dai Balcani. In due mesi i bambini inghiottiti dalle onde sono stati più di ottanta. Le autorità greche inseguono numeri e aggiornano bilanci. Quello del naufragio di mercoledì scorso tra Lesbo, Samo e Agathonissi è arrivato a 29 morti. I salvati sono 274. Una pesca miracolosa che restituisce salvagenti sgonfi, corpicini intirizziti dal freddo e occhi increduli. Per chi riesce a raggiungere la terraferma, nella Grecia che imbarca acqua e si aggrappa al terzo salvataggio finanziario, non ci sono risorse né strutture. Non sono pronti i centri per la registrazione, così è inceppato il meccanismo che per la Commissione Ue dovrebbe smistare sul continente 160 mila rifugiati in due anni: dalla Grecia devono partirne 66.400, ma sono tutti ancora lì. Dall’Italia sono stati trasferiti solo 86 dei 39.600 previsti; in tutta l’Unione i posti messi a disposizione finora sono 1.375, meno di un decimo del totale concordato. La Siria però brucia, dopo i bombardamenti russi stanno per arrivare i soldati americani e il Paese continua a svuotarsi.
In ordine sparso, migranti e governi. Prima i muri costruiti in Ungheria e annunciati tra Austria, Croazia e Slovenia, poi assalti ai treni, accampamenti e sfondamenti. Ieri Berlino e Vienna hanno annunciato che d’ora in poi i punti di passaggio in funzione tra i due Paesi saranno ridotti a cinque. Aperte e ricucite, frontiere come ferite.
Il premier ungherese Viktor Orbán parla di «anarchia che mette in pericolo la democrazia» e il suo ministro degli Esteri torna a chiedere di mandare l’esercito alle porte greche. Di fronte all’allarme che monta ad Atene si fa sentire anche il ministero delle Finanze tedesco, precisando che le concessioni Ue dei giorni scorsi su una maggiore flessibilità di bilancio per i Paesi in emergenza non valgono per i greci: «Siamo già stati molto generosi». I conti però non tornano neanche a Bruxelles. Gli Stati si erano impegnati a contribuire per un totale di 5,6 miliardi, ma secondo i dati appena comunicati dalla Commissione mancano ancora 2,2 miliardi.
Così in Parlamento Tsipras alza la voce. Per evitare tragedie del mare, dice, i ricollocamenti devono partire dal territorio turco. Condanna i muri e prende le distanze dalle «lacrime di coccodrillo» degli europei che non sanno gestire il dramma in corso: «I bimbi morti suscitano sempre dolore. Ma che dire di quelli vivi per le strade? Nessuno si prende cura di loro. L’Egeo non sta trascinando via solo bambini ma la civiltà dell’Europa».