giovedì 29 ottobre 2015

Corriere 29.10.15
La scorciatoia populista, tentazione di Renzi
di Beppe Severgnini


Succede a tutti, e non è un buon segno: i capi di governo italiani, prima o poi, scelgono la SP. Non è una Strada Provinciale: è la Scorciatoia Populista. L’ha fatto Silvio Berlusconi, che quella scorciatoia l’ha fatta diventata un’autostrada a tre corsie. L’avrebbe fatto Mario Monti, se avesse saputo come fare. Aveva timidamente cominciato a farlo Enrico Letta, che non sembrava il tipo. Lo sta facendo Matteo Renzi.
I segnali della SP sono sempre gli stessi. Toni sempre irritati con l’Unione Europea, sulla quale vengono scaricate anche le nostre colpe. Critiche generiche alle intercettazioni (senza ricordarne l’utilità per le indagini). E, soprattutto, allentamento dei controlli fiscali. Che in Italia sono troppi e fastidiosi, ma restano legati a due questioni: un’evasione fiscale che non ha eguali nelle grandi democrazie; e una cronica incapacità dei governi di ridurre la spesa pubblica. I soldi, in queste condizioni, bisogna trovarli. E le nostre tasche sono il luogo più facile dove andarli a cercare.
La disaffezione governativa verso la direttrice dell’Agenzia delle Entrate (Rossella Orlandi) e i Commissari alla Spesa (Roberto Perotti, Yoram Gutgeld) ha questo denominatore. Lo stesso vale per l’innalzamento del tetto del contante a tremila euro. È come se il generale, in piena battaglia, scaricasse gli ufficiali per parlare direttamente alle truppe. Non per incoraggiarle, ma per dire: ehi ragazzi, che ne dite di andarcene a casa? È probabile che le truppe applaudano; ma poi si perde la guerra. E nel dopoguerra, state certi: i reduci se la prenderanno col generale.
Fuori di metafora: un leader deve condurre, rischiando l’impopolarità, soprattutto quando le elezioni sono distanti. Ci sono cose buone, nella legge di Stabilità. Ma è evidente il timore di affrontare le corporazioni e le lobby. È interessante. Matteo Renzi, lo stesso che ha affrontato i sindacati (con il Job act), il mondo della scuola e i senatori, non ha il coraggio di dirci quello che, in fondo, sappiamo già: se non cambiamo, l’Italia non cambia. Certe spese, certi sprechi, certi stipendi, certi enti, certi municipalizzate e certi evasori non ce li possiamo permettere. Affrontarli vuol dire perdere molti voti? Ovvio: ma forse se ne possono guadagnare moltissimi altrove.