giovedì 29 ottobre 2015

Corriere 29.10.15
Tutti a Vienna (anche gli iraniani): c’è una via d’uscita alla guerra in Siria?
di Lorenzo Cremonesi


Un nuovo Congresso di Vienna per risolvere in modo diplomatico lunghi anni di guerre. Quello che si terrà domani nella capitale austriaca non ha la portata epocale del precedente di due secoli fa. Non riguarda l’Europa, ma il Medio Oriente. Eppure non mancano le similitudini. Prima di tutto il formato e le aspirazioni a soluzioni di lunga durata: alcuni tra gli attori della comunità internazionale cercano di lavorare assieme per porre fine alla crisi siriana, combattere l’Isis e trovare un assetto nuovo dopo la destabilizzazione seguita all’invasione americana dell’Iraq nel 2003, lo scontro sciiti-sunniti e le «primavere arabe» del 2011.
Grande novità del summit è la partecipazione dell’Iran. E’ la prima volta che Teheran, maggior alleato del regime siriano di Bashar Assad, viene coinvolto dalla diplomazia internazionale, notano i commentatori. Sarà presente il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, la pedina chiave degli accordi sul nucleare con gli Usa (e sostenuti da Mosca) firmati lo scorso 14 luglio sempre a Vienna. In verità, un evento su cui si stava lavorando da tempo. Nella capitale austriaca la settimana scorsa il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov con l’americano John Kerry, assieme ai colleghi saudita, turco e giordano, avevano lasciato trapelare l’intenzione di voler proseguire con una serie di incontri aperti ad altri attori, tra cui appunto gli iraniani. Oggi il formato si allarga. Presenti anche il ministro degli Esteri iracheno (voluto dai russi), quello egiziano, il libanese. E a dare peso ulteriore contribuiscono il francese Laurent Fabius, il tedesco Frank-Walter Steinmeier, l’italiano Paolo Gentiloni e l’alto responsabile per la politica estera europea Federica Mogherini.
Stati sunniti e sciiti si parlano di fronte al mondo. Non mancano le diffidenze. «Vogliamo capire se gli iraniani sono seri. Altrimenti smetteremo di perdere tempo con loro», ha dichiarato ieri il capo della diplomazia saudita, Adel al Jubeir. Anche Washington e Mosca non cessano di polemizzare sui rispettivi interventi armati in Siria. C’è da trovare un accordo- compromesso sul futuro di Assad. Russia e Iran lo aiutano. Sin dal 2012 l’Hezbollah libanese, il gruppo armato sciita finanziato da Teheran, interviene in Siria contro i ribelli sostenuti da Usa e Paesi sunniti. E da fine settembre l’aviazione russa opera al suo fianco. Stati Uniti e fronte sunnita vorrebbero la deposizione del presidente siriano. In ballo la nuova determinazione Usa a inviare truppe di terra contro l’Isis. Mai come ora il dialogo appare necessario per evitare che interessi tanto diversi precipitino in tensioni ancora più sanguinose.