martedì 27 ottobre 2015

Corriere 27.10.15
Vincenzo Visco: «L’Agenzia funziona, vogliono smontarla»
«Scelta civica cerca visibilità» Lo scambio di sms con Palazzo Chigi
di Lorenzo Salvia


ROMA «Certo che l’Agenzia delle Entrate rischia di morire. La vogliono smontare, mi sembra evidente. E sarebbe un suicidio, perché quella è l’unica riforma della pubblica amministrazione che ha funzionato negli ultimi 15 anni». Nel ramo tasse e dintorni Vincenzo Visco non avrebbe bisogno di presentazioni. Ma ci sono due cose importanti da sapere, visto il momento. L’Agenzia delle Entrate è una sua creatura diretta, pensata quando era ministro delle Finanze alla fine degli anni 90 con i governi Prodi e D’Alema. Anche Rossella Orlandi è considerata a lui molto vicina, si disse pure che era stato lo stesso Visco a suggerirne il nome a Renzi.
Resterà al suo posto la Orlandi?
«Me lo auguro e ne sono convinto. Si è trovata a gestire una situazione difficile che non ha creato. E lo sta facendo benissimo, con un grande senso dell’interesse pubblico».
Non sembra avere più l’appoggio del governo.
«Il ministro Padoan ha ribadito pubblicamente il suo sostegno».
Ma Renzi non ha detto neanche mezza parola su di lei, pur parlando di tasse ed evasione. Non è un caso.
«Conoscendo tutti e due suppongo si siano consultati».
Il sottosegretario Zanetti ne chiede da giorni le dimissioni. Forse è Renzi che lo manda avanti, non crede?
«Mi sembra che il sottosegretario Zanetti abbia una certa autonomia di movimento. È il segretario di un piccolo partito, cerca visibilità. E comunque, guardi, dietro queste piccole guerre personali c’è una questione molto più importante, un punto fondamentale per il futuro del Paese».
E quale sarebbe?
«Le agenzie fiscali garantiscono le risorse a tutto il sistema pubblico. È per questo che vanno portate fuori dalla pubblica amministrazione e devono funzionare come un’azienda».
Come un’azienda, lei dice. Ma non c’è il rischio che finiscano per andare al di là dei loro compiti?
«Non si tratta di lasciare fare all’Agenzia quello che vuole ma di consentirle di organizzarsi al meglio. Ancora oggi, per una serie di resistenze, l’Agenzia è strutturata su base provinciale. Il che vuol dire mettere sullo stesso piano Catanzaro ed Enna con Milano».
Così funziona la pubblica amministrazione.
«E invece bisogna essere più forti dove ci sono più contribuenti, cioè a Milano ma anche a Varese. Altrimenti si torna al vecchio ministero delle Finanze, un elefante paralizzato che produceva solo cartelle pazze. Se lo ricorda? Persino Sabino Cassese ammise di essersi sbagliato».
In che senso?
«Quando facemmo la riforma delle agenzie fiscali disse che stavamo sbagliando tutto. Poi dopo anni riconobbe pubblicamente che i risultati c’erano stati. Un signore».
Dopo la nomina della Orlandi lei si complimentò con Renzi via sms. Avevate un rapporto diretto.
«Sì, diretto ma limitato ad alcuni argomenti. Naturalmente il Fisco».
Vi messaggiate ancora?
«Non capita più. Da un po’ di tempo».
E cosa è successo?
«Non lo so, non qualcosa di preciso. Diciamo che c’è stato un cambiamento nella linea fiscale del governo».
All’inizio lei era d’accordo con le misure del governo Renzi, ad esempio sul bonus da 80 euro.
«Sì quella misura era condivisibile dal punto di vista politico anche se non sul piano tecnico. Ma ci sono stati anche altri buoni interventi, come l’aumento dell’aliquota sul reddito da capitali o ancora...».
Poi sono arrivati il taglio della Tasi e l’aumento del tetto per i contanti.
«Cose che non condivido. Ma ci può stare, per carità».
Anche la Orlandi avrebbe manifestato le sue perplessità. Paga per questo, secondo lei?
«Lei non c’entra niente in questa storia. La Orlandi applica le direttive del governo come fanno i funzionari dello Stato. E lei è un ottimo funzionario».
Dicono che Renzi non abbia sopportato quel grido d’allarme sull’Agenzia che sta morendo, lanciato dal palco di un convegno della Cgil, dove c’era anche lei.
«Non credo. E mi auguro davvero che il problema non sia questo. Lei difendeva la sua struttura, come è giusto che faccia chi ne ha la responsabilità. Adesso basta, però. Se no mi faccio prendere la mano. E non mi pare il momento».
lorenzosalvia