Corriere 21.10.15
La maledizione degli enti locali inchioda i dem nel centro-sud
ll presidente del Consiglio ribadisce che calano le tasse e difende l’impianto della legge di Stabilità ma le contestazioni continuano
di Massimo Franco
Si potrebbe definire «la maledizione degli enti locali». Per il Pd, il governo di città e regioni si conferma una via crucis anche quando ottiene vittorie schiaccianti. La coda del caso del sindaco di Roma, Ignazio Marino, è avvelenata. Ed ora si riapre la questione del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, dopo la sentenza della Consulta che rimette in discussione il suo ruolo; e proietta un’ombra su quello di Vincenzo De Luca, il governatore dem della Campania che, in quanto condannato in primo grado, secondo la legge Severino dovrebbe essere sospeso dalla carica.
Nella capitale sta succedendo quello che era prevedibile: da dimissionario, Marino è diventato il testimonial negativo del Pd; e lo sarà sempre di più. Il sindaco proietta sul proprio partito un’ombra di ingovernabilità e di caos che sembra fatta apposta per sminuire i risultati ottenuti con la riforma del Senato. E i suoi dubbi sulle dimissioni, che ieri ha fatto capire potrebbero essere ritirate, si aggiungono ai distinguo della minoranza del Pd sulla legge di Stabilità. Risultato: consegnare l’immagine di un partito senza pace, lacerato dalle faide interne.
È un profilo distorto, nonostante difficoltà e contrasti reali. E riflette una deriva psicologica da sfascio da parte dell’ex primo cittadino. Ma su un piano generale estremizza anche lo scontro tra i potentati locali del Pd e Matteo Renzi. Con una punta di ironia,il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, parla di «un thriller sulla pelle della città. Marino sta dando l’ultimo aiutino al Pd». Così, mentre Renzi rilancia «giù le tasse per sempre», il sindaco cerca e trova sponde a sinistra. Si intravede un’operazione tesa ad accreditare un Campidoglio che torna preda del malaffare per l’uscita di scena di Marino.
Anzi, la narrativa è quella di un sindaco silurato non per le sue note spese sulle quali indaga la magistratura, ma per un complotto di partito. Roma aspetta un commissario «da sogno» ma per ora «la città vive un incubo», accusa Alfio Marchini, possibile candidato di centrodestra. Il risultato è quello di prolungare una resa dei conti nel Pd, scaricandola sulla capitale. Così come i rapporti di forza subìti da Palazzo Chigi in Campania si ritorcono contro il premier con una potenziale instabilità. Il Pd lo sta capendo a proprie spese. C’è un leader ma non è chiaro se abbia un partito.
Ieri, dopo un incontro in Comune coi consiglieri, il presidente Matteo Orfini ha ribadito che Marino deve andare via. Ma intanto,temporeggiando e attaccando il Pd, il sindaco in uscita contribuisce a fargli perdere voti; e a rendere più difficile un recupero alle probabili elezioni di primavera. E favorisce un M5S che dice, con Beppe Grillo: «Voliamo nei sondaggi», rivendicando l’amministrazione in alcune città con un occhio al Campidoglio. Ieri una delegazione è stata ricevuta da Sergio Mattarella. E, riferiscono dal M5S, il presidente della Repubblica avrebbe apprezzato il loro lavoro parlamentare.