sabato 17 ottobre 2015

Corriere 17.10.15
L’impero dell’enigma
Sponsor illustri. L’imperatore Adriano si fece costruire il suo Egitto personale nella villa di Tivoli
Dai romani all’epoca di Napoleone la passione per l’antico Egitto ha unito potere e sapere popolare


Da sempre l’Antico Egitto è perseguitato da un maleficio che cerca di oscurarne le vere meraviglie, ammantandole con un appiccicoso velo di mistero a tutti costi per cui niente è come è, ed esiste solo il mistero; un vecchio trucco da imbonitori sempre spendibile sul mercato dell’irrazionale avido di civiltà superiori, alieni civilizzatori e altri improbabili segreti. In sostanza, cianfrusaglie senza costrutto, ma con padri nobili e una storia tutt’altro che trascurabile che val la pena ripercorrere.
Ufficialmente tutto cominciò con Erodoto. Vengo ora dall’Egitto — scrisse più o meno lo storico — dove ho visto cose che voi greci non potete nemmeno immaginare, e così tante e strane che è impossibile descriverle. Detto questo, raccontò il Paese dei faraoni come un mondo alla rovescia dove gli uomini stavano in casa e le donne andavano in giro, dove le stesse orinavano in piedi mentre maschi lo facevano accovacciati (sic) e così via.
Stravaganze di un popolo che scriveva allineando enigmatiche figurine, costruiva tombe alte come montagne accumulando macigni per farne piramidi, e parlava di origini talmente lontane da sconcertare tanti creduloni; ma non lo storico Diodoro siculo, a cui i sacerdoti egizi — veri specialisti del marketing del mistero — dissero che la loro civiltà era iniziata 23 mila anni prima. Lui non ci credette, ma riportò l’informazione e l’Egitto divenne rapidamente la terra senza tempo dove misteri e oscure maledizioni erano di casa.
A quel punto gli ingredienti dell’egittomania c’erano già tutti e la sua marcia alla conquista del mondo poteva cominciare. I primi a esserne travolti furono i romani, che piantarono una quantità di obelischi nelle più belle piazze dell’Urbe e costruirono facsimili di piramidi per tutti quelli che volevano andare all’altro mondo all’egiziana; ma poi le smantellarono per ricavarne pietre — il grande Raffaello protestò inutilmente —, come capitò alle due che avevano costruito dove ora sono le chiese gemelle in piazza del Popolo. Oggi solo quella di Caio Cestio è rimasta a testimonianza di tanti entusiasmi, quando Iside faceva proseliti e persino Giove s’adeguò ai tempi indossando le corna d’ariete del suo corrispettivo egiziano Amon; così fu adorato come Giove Ammone.
Tra i grandi sponsor l’egittomania ebbe l’imperatore Adriano, che si fece costruire il suo Egitto personale nella villa di Tivoli e mise il gonnellino all’egiziana anche alle statue del suo amante Antinoo, travestendolo così da dio egizio. Dal canto loro i patrizi decorarono le loro magioni con mosaici a soggetto nilotico con ippopotami e coccodrilli a bagno tra i papiri; la plebe invece s’accontentava di scarabei magici e altrettanti inutili amuleti che sedicenti maghi spacciavano a prezzi di saldo. Il Medioevo portò in Europa reliquie di tutti i tipi e la polvere di mummie egizie, carica di miracolose quanto misteriose virtù terapeutiche, divenne la panacea per tutti i mali. All’affacciarsi del Rinascimento, un oscuro manoscritto ellenistico attribuito a un certo Ermete Trismegisto, sapiente egiziano mai esistito, convinse tanti che l’Egitto era il deposito di tutti i misteri e la fonte della saggezza universale.
Così i dotti si misero a studiare ermetismi e simboli producendo interpretazioni dei geroglifici di rara fantasia e totale inutilità. Più concretamente, prìncipi e papi continuarono a collezionare statue egizie e obelischi per abbellire Roma, tanto che Sisto V ne fece alzare uno proprio in piazza San Pietro, dov’è tutt’ora, concedendo laute indulgenze a chi recitava un Pater Noster e un’Ave Maria davanti a quell’aguglia egizia e pagana.
Ma il grande territorio di conquista dell’egittomania fu il Settecento, che affastellò piramidi e simboli egizi nelle logge massoniche frequentate da personaggi come il conte Cagliostro, Giacomo Casanova e il grande Mozart, mentre tutto l’Illuminismo celebrava il culto del dio egizio Osiride come simbolo della Ragione Universale; nella Francia rivoluzionaria una statua della dea Iside fu sistemata come simbolo della Rigenerazione proprio in piazza della Bastiglia. Poi intervennero i savants di Napoleone e riscoprirono l’antico Egitto (quello vero) che, travisato alla paesana, s’arrampicò sulle facciate dei palazzi, modellò mobili e soprammobili, e raccolse trionfi col Nabucco e l’ Aida . Oggi i misteri d’Egitto sopravvivono nell’occhiuta piramide stampata sul dollaro americano e — a casa nostra — in certe inguardabili trasmissioni televisive. Vere maledizioni dei faraoni.