Corriere 17.10.15
La strategia del premier pigliatutto
di Pierluigi Battista
Matteo Renzi che scatena la guerra preventiva contro l’euroburocrazia di Bruxelles, che sbandiera l’orgoglio nazionale rivendicando una manovra che abbassa le tasse in conto deficit e non con uno spietato taglio delle spese come vorrebbe l’Europa, si intesta una battaglia che piace molto all’elettorato leghista eurofobico. È l’ultima fetta di quello che un tempo fu il centrodestra italiano che il presidente del Consiglio potrebbe inglobare e fare sua. Renzi pigliatutto piglia soprattutto alla sua destra. Berlusconi dice che è un «copione». Ma è una reazione speculare alle lamentazioni di chi, nella sinistra residuale, lamenta che Renzi sia un clone della destra. Renzi piglia infatti alla sua destra dove non c’è più resistenza, trincea, argine politico e culturale. Anche l’euroscetticismo diventa suo. Un tempo la sinistra era eurodogmatica e la destra aveva campo libero nell’area degli euromalpancismi. Ora lo schema si è rovesciato. L’ennesimo. Renzi pigliatutto tende a scardinare il bipolarismo che ha contrassegnato l’intera stagione della Seconda Repubblica. Resta l’antagonismo del Movimento 5 Stelle che, dato frettolosamente in via di estinzione dopo le elezioni europee del 2014, ha dimostrato una forza attrattiva ancora molto attiva. La battaglia «antipolitica» miete ancora consensi e la presenza del «nuovo» Renzi non ne ha disinnescato la potenza magnetica.
Certi scivoloni come la fulminea approvazione in Senato delle norme che mettono nella cassaforte dei partiti una somma cospicua di finanziamento pubblico (che si proclamava addirittura «abolito» nelle dichiarazioni renziane) esasperano l’elettorato 5 Stelle e annullano l’effetto simbolico di quel poco di risparmi legato alla riforma del Senato. La triste vicenda di Roma, inoltre, apre al movimento di Grillo insperati orizzonti nell’evidente difficoltà del Pd. Ma se si eccettua l’anomalia grillina, tutto il resto del sistema politico sembra oscurato da una presenza renziana che incorpora i temi degli avversari, li assimila in un nuovo linguaggio, spunta le ali nemiche, devitalizza la vis polemica di chi potrebbe farle ombra.
L’euroscetticismo leghista viene declinato in senso renziano e anche la campagna di Salvini sull’immigrazione appare un po’ sbiadita dopo che l’emergenza si è spostata da Lampedusa alle frontiere europee del Nordest: come si potrà dire che sia colpa dell’imbelle governo italiano l’invasione degli immigrati? Con l’abolizione della Tasi e dell’Imu, il vessillo per eccellenza della destra berlusconiana, la detassazione della prima casa come bene di tutti gli italiani che la possiedono e che sono la stragrande maggioranza, viene afferrato da quello che Berlusconi chiama il «copione».
Come potrebbe ora il centrodestra opporsi alla misura-simbolo di un’intera fase politica? Come faranno i vari Renato Brunetta a contestare una misura che è tipicamente del centrodestra? Del resto, persino i super-polemici giornali della destra sono sembrati molto meno aggressivi del previsto con la legge di Stabilità di Renzi.
Il Nuovo centrodestra di Alfano appare oramai compiutamente fagocitato, non più solo satellizzato, nell’orbita renziana. Rimane al Ncd la bandiera dell’opposizione sulle unioni civili delle coppie dello stesso sesso, ma Renzi gestisce con abilità la tempistica, prima accelerando, poi frenando, tenendo in apprensione gli alleati di governo, ma ritardando strategicamente il momento in cui dovranno cedere anche su quest’ultima trincea. In Parlamento, poi, lo stillicidio di tradimenti nelle file di Forza Italia tentate dalla sirena di Renzi non sembra aver fine. Non è ben chiaro se questo inglobamento pigliatutto sia esattamente lo schema di un ipotetico «Partito della nazione» che dovrebbe superare il Pd. Certo, la disfatta durissima della sinistra interna ed esterna al Pd sulla riforma del Senato lascia campo libero a Renzi. Che oramai sembra che dovrà vedersela con un Movimento 5 Stelle vigoroso ma con un centrodestra che, se non correrà con urgenza ai ripari, rischia la marginalità politica e anche un clamoroso autogol a Milano e a Roma mentre i vertici si dilaniano sulle candidature.Un nuovo e inedito bipolarismo che il bulimico Renzi pigliatutto sta costruendo ogni giorno. Accelerando.