sabato 17 ottobre 2015

Corriere 17.10.15
La voce grossa con l’Europa è la premessa di un accordo
di Massimo Franco


L a strategia della voce grossa di Matteo Renzi con l’Europa va tarata. Il premier italiano sa già che la legge di stabilità riceverà l’approvazione di Bruxelles a fine novembre. Per questo dà l’impressione non solo di non volere essere bacchettato, ma di sfidare lui l’Ue. Le parole scelte l’altro ieri a Palazzo Chigi evocano una gran voglia di rilanciare. La sua trincea è puntellata dalle riforme approvate negli ultimi mesi. E la carta di credito che presenta a Bruxelles è «l’economia italiana in ripresa e le imprese e i consumatori più ottimisti».
Ma c’è qualcosa di più: la speranza di ottenere fondi supplementari per affrontare la grande migrazione in atto nel Mediterraneo. La Turchia ha ricevuto oltre tre miliardi di euro per arginare i flussi dalla Siria. Il tentativo di Renzi è di strappare una dotazione simile per un’Italia di fatto abbandonata a se stessa fino a quando il problema non ha assunto dimensioni continentali. Sarebbe questo il rilancio che tenterà, pur sapendo che forza un po’ la realtà quando dà per scontata la ripresa economica; e pur essendo consapevole che una parte di quei provvedimenti non ha coperture certe.
D’altronde, anche Bankitalia gli offre una sponda, elencando dati che possono giustificare una certa dose di fiducia. Renzi vuole sottolineare la cesura col passato, e lo fa con foga. «Basta con la subalternità psicologica all’Europa. L’Ue siamo noi. Smettiamola di pensare che andiamo a prendere ordini». Sono parole apparentemente aspre e polemiche. Rientrano nello stile del personaggio, e da una maggiore sicurezza politica.
Allineando riforma del Senato, Jobs act , nuova legge elettorale, Renzi rivendica: «Un anno fa la stragrande maggioranza avrebbe detto: “Eccone un altro che fa l’elenco delle promesse”». E invece «le riforme ci sono», esulta. Perfino il ministro dell’Interno, Angelino Alfano lascia da parte la cautela e conferma: «Bruxelles deve fare silenzio sulla Finanziaria». Sono toni che fanno tornare la memoria agli anni in cui Silvio Berlusconi si scontrava con «i burocrati di Bruxelles».
Ma l’impressione è che l’asse di Renzi con la cancelliera tedesca Angela Merkel e l’Ue rimanga solido. Per ragioni diverse, gli avversari nel Pd e il leader di FI continuano ad accusare il premier di «fare come Berlusconi». L’ex segretario dem, Pier Luigi Bersani, sostiene che con le sue misure «strizza l’occhio agli evasori fiscali». E dà ragione all’ex Cavaliere che afferma: «Renzi mi copia male». Ma il contesto è diverso: al punto da fare apparire le accuse come una magra consolazione per gli sconfitti.