sabato 10 ottobre 2015

Corriere 10.10.15
Rapporti difficili Quella volta che il segretario del Papa mise giù il telefono al primo cittadino
di Gian Guido Vecchi


CITTÀ DEL VATICANO In queste ore, Oltretevere, c’è chi richiama un memorabile epigramma scritto da Enea Silvio Piccolomini, grande umanista autore dei Commentarii, divenuto Papa col nome di Pio II: «Quand’ero Enea, nessun mi conoscea. Or che son Pio, tutti mi chiaman zio». Per Bergoglio «l’amicizia è sacra», anche la Bibbia dice «abbi uno o due amici», eppure «non ho mai avuto tanti amici come adesso, tutti sono amici del Papa!», raccontava ironico il mese scorso. Francesco non ama i tentativi di trarre vantaggio da lui, magari facendo mostra di coltivare ottimi rapporti: proprio la «presenza ostentata» di Marino a Filadelfia e le richieste «insistite» di udienza, si racconta, non erano piaciute al pontefice. Ma non si tratta solo di questo. Dietro la precisazione di non aver invitato il sindaco, e il gelo dell’ormai celebre «si professa cattolico», c’è un’irritazione che covava da tempo. Per la precisione dal 18 ottobre dell’anno scorso, ultimo giorno del Sinodo sulla famiglia 2014. Fu allora che il Papa, rivelano in Vaticano, raccontò ai padri sinodali della telefonata che il sindaco di Roma gli aveva fatto il pomeriggio precedente. A rispondere, a Santa Marta, era stato uno dei segretari del pontefice. Marino chiamava per annunciare a Francesco che l’indomani avrebbe trascritto in Campidoglio i matrimoni celebrati all’estero di sedici coppie omosessuali. Non riuscì a parlare con Bergoglio. «È bravo, il mio segretario», considerò il Papa , raccontando ai vescovi la reazione del suo collaboratore: «Ha detto al sindaco: avete aspettato proprio l’ultimo giorno del Sinodo. E ha buttato giù il telefono». Commento finale di Francesco, riportato da chi era presente: «Questi, come si dice in italiano, se ne infischiano dei valori…».
Francesco mantiene le distanze dalla politica, tanto più da quella italiana e romana. A Washington, il 23 settembre, ha esortato i vescovi a essere «nient’altro che pastori», un discorso storico: «Guai a noi se facciamo della Croce un vessillo di lotte mondane». È il Papa a non volere interferenze, né gli piace essere strumentalizzato. Del resto, si spiega in Vaticano, la considerazione di Marino è andata peggiorando dopo l’ultima e «infelicissima» uscita: quando il sindaco disse che il Papa non avrebbe dovuto rispondere. «Aveva ricevuto un segnale di evidente freddezza e lui, anziché restare in silenzio, ha reagito stizzito».