mercoledì 9 settembre 2015

Repubblica 9.9.15
L’ipotesi della fiducia solo sulla norma-chiave Ncd,spunta la fronda 10 pronti allo sgambetto
di Goffredo De Marchis


ROMA Lavorare sull’accordo, ma col paletto dell’articolo 2. In fondo, Matteo Renzi non ha concesso granchè nella riunione del Senato sulla riforma costizionale. Se n’è accorta la minoranza che adesso dice di voler lavorare insieme contro l’ostruzionismo di Calderoli e contro i diktat di Forza Italia sull’Italicum. Una prova di buona volontà. «E facciamo, sempre insieme, un’apertura come dire controllata, senza scherzi, sull’elettività dei senatori», chiede Miguel Gotor. Questo è il loro paletto. Ma non è la strada del governo, non è la scelta del premier. Che prende tempo, convoca il comitato ma nelle stanze di Palazzo Chigi ragiona, con i tecnici del ministero delle Riforme, anche sull’arma finale: mettere la fiducia soltanto sull’articolo 2, vincolare la vita dell’esecutivo alla riforma costituzionale. Non si può? I regolamenti dicono il contrario, spiegano gli uffici del governo.
Non è certo uno strumento da mettere sul tavolo oggi, ma sta dentro la strategia del modello “se vuoi la pace prepara la guerra”. Ieri comunque ai senatori Renzi ha parlato di pace, senza invocare la disciplina di partito, immaginando un comitato di parlamentari che porti a un testo unitario. Molto più chiara è stata Anna Finocchiaro infilandosi dritta nella mischia con il presidente del Senato Piero Grasso. Dal quale il Pd vorrebbe un sì o no agli emendamenti sull’articolo 2 subito, adesso, naturalmente pretendendo il no. «Anche perchè l’accordo politico si fa su posizioni chiare. Su cosa facciamo l’accordo se non sappiamo cosa si può modificare e cosa no? », attacca un renziano La palla è nel campo della sinistra. «Toni concilianti lontani dal clima di demonizzazione di queste settimane», dice Federico Fornaro. «Aggiriamo insieme ostruzionismo e forzisti», ripete Gotor. Ma lo scoglio rimane. Lo può buttare giù Grasso di- chiarando inemandabile l’articolo 2 come dice la Finocchiaro. Oppure l’altro modo per non modificarlo è uno solo: mettere la fiducia.
Sempre di più la partita travalica la riforma, coinvolge le manovre politiche intorno al governo e rischia di decidere del suo futuro. Con numeri sempre più ballerini. Una decisione più rapida del presidente infatti aiuterebbe anche a controllare meglio i movimenti poco rassicuranti nel Nuovo centrodestra. C’è una pattuglia di senatori Ncd, 10 o addirittura 15, che sono pronti a schierarsi contro Angelino Alfano e quindi contro Renzi votando contro la riforma costituzionale. Altri numeri in meno per un sicuro approdo in porto. Del resto il partito del ministro dell’Interno è in mezzo al guado. Con chi andrà alle prossime elezioni? Con il Pd? E quanti posti può garantire il premier- segretario alla formazione centrista? Oggi gli alfaniani sono tanti in Parlamento: 34 alla Camera e 35 al Senato. Difficile riportarli tutti dentro alle prossime elezioni. Per questo un gruppo di senatori s’interroga sulla strategia migliore, non si fida delle rassicurazioni del proprio leader e si prepara a uno sgambetto che sembra una soluzione migliore di qualsiasi altra in questo momento. Se si va a votare rimangono le due Camere e aumentano le chance di rientrare. Con il proporzionale le prospettive sono migliori dell’Italicum. E Berlusconi, con un centrodestra tutto da costruire, può essere un rifugio più sicuro. Nei capannelli a Palazzo Madama Guido Viceconte e Tonino Gentile si facevano questa domande insieme con altri colleghi.
A tutti è chiaro che il passaggio al Senato è l’ultima chance da molti punti di vista. La minoranza del Pd deve battere un colpo. I parlamentari a rischio possono sperare in una crisi di governo, nelle elezioni anticipate con il vecchio sistema proporzionale. E i tanti nemici del governo vogliono fermare Renzi prima del taglio delle tasse.