Corriere 9.9.15
Il fronte trasversale del no
Messaggi cifrati e sorrisi, la linea dura dei resistenti
di Monica Guerzoni
ROMA Calderoli alla buvette del Senato, arachidi e prosecchino: «Ho scritto sei milioni e mezzo di emendamenti, ma possono diventare dieci milioni». Non la sta sparando grossa? «No» assicura il senatore leghista, mentre si forma la fila di colleghi che vogliono congratularsi per le recenti nozze: «Se gli uffici fossero costretti a stamparli peserebbero 4.950 tonnellate. Io la riforma la fermo quando voglio. Renzi non ha i numeri e, se non molla, troverà la sua minoranza più incarognita che in passato».
La trincea dei resistenti è una linea trasversale, sulla carta maggioritaria, che parte dall’ala sinistra del Pd, abbraccia Sel, ingloba Cinquestelle, Lega e Forza Italia, seduce ex grillini e fittiani e spacca Ncd. «Quindici senatori di Alfano pronti a tradire Renzi» rullavano ieri i tamburi a Palazzo Madama, tanto che l’ex ministro Mario Mauro ha compilato una tabella con il grado di durezza delle opposizioni: in una scala da uno da dieci i 29 della minoranza «dem» sono stimati al livello 8, mentre gli azzurri al 6. Quanto al Ncd, Mauro avverte il premier: «Se la riforma non cambia, il partito di Alfano non regge».
Ma lo zoccolo duro della resistenza sono i bersaniani e, per quanto il governo abbia lavorato per spaccare il marmo, per ora la scalfittura è minima. Gotor, Fornaro e gli altri firmatari del documento sull’elezione diretta si sono visti all’ora di pranzo e hanno ribadito la linea dura. «Non vogliamo che il Pd si spacchi, ma sull’articolo 2 non torneremo indietro neanche se dovessimo trovarci spalle al muro — conferma Maria Cecilia Guerra —. L’elettività è legata alle funzioni, è un problema di grande rilevanza per la democrazia». Chiti ha disertato per il 25° Forum economico a Krynica, Polonia, ma guai a pensare che abbia mollato l’osso. E Mineo, che pure non era alla riunione: «Io non la voto. Renzi ha paura e ha fatto male a ostentare lo scalpo di Bersani prima di averlo in pugno».
I nemici giurati del ddl Boschi si sono convinti che, se pure la riforma naufragasse, il premier non porterà il Paese al voto. E così, stile vietcong, si preparano a combattere nella giungla di Palazzo Madama per l’elezione diretta dei senatori. L’arma la suggerisce Calderoli: «A voto segreto, col cavolo che Renzi ha i numeri. E all’articolo 1 di voti segreti potrebbero essercene parecchi». Per Naccarato (Gal) l’unico antidoto è un accordo politico blindato: «Se il Pd resta spaccato la maionese può impazzire, perché tutti i partiti sono divisi e Alfano non è in grado di garantire nulla».
Per Gasparri una via di uscita c’è: «Il lodo Finocchiaro. Solo lei può trovare la mediazione. Altrimenti, per Renzi la vedo complicata». Sì, perché oltre a emendamenti e trappole parlamentari ci sono i senatori come Antonio Razzi, che in dialetto e col sorriso sotto i baffi avvertono il premier: «Basta coi politici raccomandati, facciamo scegliere ai cittadini che pagano le tasse... Se la riforma non gambia , io non la voto».