il manifesto 9.9.15
La cosa rossa e il tormento-alleanze
Con Renzi no, con il Pd sì (nelle città)
Civati: non ho lasciato il Pd per poi allearmi con il Pd
Ma a agitare gli animi stavolta c'è anche il voto greco
di Daniela Preziosi
Non ci saranno defezioni nel gruppo dei senatori di Sel, almeno non sulla riforma del senato. Ad accertarsene di persona ieri è andato Nichi Vendola che, dopo il «disagio» espresso negli scorsi giorni da due senatori, il pugliese Stefano e il sardo Uras, ha riunito i suoi di Palazzo Madama. E ha verificato di persona che il malumore che circola in Sel non è sull’opposizione netta al governo Renzi. Quello che agita il suo partito, al centro come in periferia, è la nuova ’cosa rossa’ che nascerà nel primo week end di novembre, in una tre-giorni dal 6 all’8. Il tema spinoso sono le prossime amministrative. Vendola ieri al senato e il giorno prima alla sua segreteria ha rassicurato tutti, sia i fan delle alleanze che quelli della rottura. «Il centrosinistra è finito, è stato ucciso da Renzi», ha spiegato, «ma nelle città si procederà partendo da un giudizio sul governo locale». A Milano, per esempio, «c’è l’eredità di Pisapia da raccogliere», e così a Cagliari quella di Zedda e forse anche a Bologna. Altra musica per Torino, dove Sel sostiene Piero Fassino con crescente insofferenza, e a Napoli, dove l’avvicinamento a De Magistris è ormai la cosa più probabile.
Se in Sel Nicola Fratoianni, coordinatore del partito, spinge per la distanza massima dal Pd, fuori da Sel c’è Pippo Civati che è nettamente contrario alle alleanze. Persino a Milano dove nella corsa delle primarie del centrosinistra si è già lanciato Pierfrancesco Majorino, ex civatiano che alla fine non ha seguito la sua corrente fuori dal partitone. Sel potrebbe sostenerlo alle primarie, quindi nella coalizione. Civati non ci pensa nemmeno: «Noi dobbiamo fare una cosa di sinistra e civica, non una cosa di centro e superpolitica come il partito della nazione». Per Massimiliano Smeriglio, il vicepresidente vendoliano della regione Lazio che sta per dare alle stampe un libro sulla cosa rossa, invece alle primarie milanesi la sinistra potrebbe partecipare: «Pisapia ha costruito un progetto e accumulato credibilità per sé e per tutti noi. Ha governato, e bene. E ora questo patrimonio si può traghettare verso una nuova esperienza tenendoci fedeli al suo progetto, scongiurando il rischio che Milano finisca in mano ai razzisti. Se invece Renzi invece vorrà sfasciare tutto e candidare motu proprio un pur bravo tecnico come Sala, auguri». In attesa della fondazione della nuova cosa, Sel mette sul piatto il suo peso di azionista di maggioranza, appena misurato dalle donazioni dei cittadini sulla dichiarazione dei redditi: «Un patrimonio di oltre un milione di euro da parte di 100mila cittadini che hanno deciso di darci fiducia concretamente», spiega il senatore Peppe De Cristoforo.
Alla camera il coordinamento dei deputati della sinistra (Sel, ex Pd, ex 5 stelle) ieri è ufficialmente partito con la prima riunione: proposte comuni sulla legge di stabilità, mozione comune sull’Europa e cinque gruppi di lavoro tematici. Eppure se Renzi non ci metterà del suo rompendo le alleanze nelle città dove ancora resiste qualche fortino di centrosinistra, per i promessi alleati della cosa rossa in primavera saranno dolori. E nuovi rischi di divisioni.
Che potrebbero arrivare anche prima, anzi subito, e cioè il prossimo 20 settembre, con il voto greco. In questi giorni l’ex brigata Kalimera, che aveva organizzato lo ’sbarco’ ad Atene dei supporter italiani di Tsipras nei giorni del referendum, ha riaperto le iscrizioni per tornare in Grecia a sostegno della nuova corsa elettorale del leader di Syriza. «Se Syriza sconfiggerà il fronte che vuole riportare la Grecia ai tempi della vergogna e della subalternità, sarà il segnale che la breccia aperta il 25 gennaio rimane aperta», spiegano dal comitato nazionale di L’Altra Europa, «con coerenza Tsipras ha escluso ogni compromesso con i responsabili della rovina del paese: popolari e socialisti, neppure a fronte della scelta effettuata da forze che hanno lasciato Syriza». Con Alexis senza se e senza ma, dunque. Ma non tutti. La delegazione italiana stavolta sarà meno folta. Non ci sarà per esempio Stefano Fassina, che non ha condiviso la scelta del premier greco di accettare gli accordi-capestro con le istituzioni europee. E così la cosa rossa italiana rischia di litigare anche sui guai della sinistra greca, non bastassero i suoi.