La Stampa 9.9.15
Le professioni e la lotteria dei numeri
“Perché tanti posti da architetto?”
L’ordine: situazione drammatica, serviva più selezione
di Ilario Lombardo
«Servono più medici». «Più ingegneri!». «Architetti!». Quante volte abbiamo disquisito sui mestieri che serviranno a risollevare le sorti dell’umanità? L’argomento ritorna guardando i numeri degli studenti che ogni anno fanno i test universitari sognando di mettere il camice o di diventare il nuovo Renzo Piano, o il nuovo Daniel Libeskind. Per accaparrarsi uno dei 7.802 posti disponibili in Architettura ci hanno provato in 10.994. Molti di più quelli che hanno affrontato i quiz di Medicina: 60.639 per 10.994.
Ma sono pochi o sono tanti quei posti messi a disposizione? Bisogna immergere le cifre nella realtà per capirci qualcosa di più. Per la semplice logica domanda/offerta, quasi 8 mila futuri architetti, nelle attuali condizioni di lavoro, sono «troppi». A ribadirlo è il presidente del Consiglio degli architetti Leopoldo Freyrie: «Sì, i posti sono ancora troppi, nonostante ci sia stata una diminuzione in tutte le facoltà» La situazione dei 153 mila architetti italiani è drammatica. La crisi dell’edilizia morde. La media di uno stipendio non arriva ai 15 mila euro. «Manca l’ orientamento professionale. I ragazzi continuano a iscriversi senza rendersi conto delle reali condizioni di mercato, e nessuno gliele spiega». Freyrie lamenta una disattenzione, un tantino dolosa, delle università: «Abbiamo mandato ricerche senza ricevere risposta. Ma si sa, con l’autonomia, gli studenti sono ridotti a clienti». E più clienti hai, più entrate ti garantisci. Ogni singolo ateneo propone un numero sulla base del potenziale della propria offerta formativa, il ministero dell’Istruzione valuta e si riserva l’ultima parola.
Il meccanismo
Il meccanismo è un po’ più complicato per Medicina. In sintesi: per definire il reale fabbisogno di tutte le professioni sanitarie, il ministero della Salute si relaziona alle Regioni e, contestualmente, agli Ordini e alle Federazioni. Ognuno spara i propri numeri: le Regioni hanno chiesto, per quest’anno, 11 mila ingressi universitari, la Federazione nazionale medici e odontoiatri, Fnomceo, massimo 7 mila. Infine, vengono coinvolti Miur e le università. E qui il discorso torna ai conti da tenere in ordine: il fabbisogno calcolato è molto più alto, circa 14 mila per le iscrizioni 2015/16. «Non possiamo continuare a sfornare professionisti che non vengono assorbiti dal mondo lavoro» spiega Rosanna Ugenti, direttore generale per le professioni sanitarie al ministero.
Ma il punto è che i numeri sono i più disparati. C’è chi prevede, per il 2025, una carenza per decine di migliaia di medici e chi invece come Luigi Conte, segretario della Fnomceo, fotografa una realtà in Italia in cui i medici sono già abbastanza, e molti di loro costretti a rimanere fuori dai corsi di specializzazione. «Dei 9.500 che riusciranno a entrare, più di 3 mila di loro, tra sei anni, non potranno accedere ai contratti di specializzazione». Sì, perché il contingentamento nazionale prevede circa 5 mila accessi ai corsi dopo la laurea. Quest’anno, in via del tutto eccezionale, sono 6 mila. Chi resta fuori o si accontenta e fa la guardia medica, oppure se ne va all’estero. Per questo, l’Italia ha aderito a un progetto europeo che si pone l’obiettivo di definire la metodologia per stabilire reale fabbisogno e relativa offerta formativa: «Basta numeri sparati a caso – chiude Ugenti – Servono criteri scientifici e concordati».