lunedì 7 settembre 2015

Repubblica 7.9.15
Il leader insiste sul lodo “Fino a domani si tratta se si rompe è colpa loro”
Il capo del governo: “Una soluzione c’è, la minoranza si assuma le sue responsabilità”
I dissidenti: “Stavolta teniamo, non possiamo essere quelli che urlano sempre alla luna”
di Goffredo De Marchis


ROMA Sotto al palco della festa dell’Unità, Matteo Renzi confida ai fedelissimi la sua strategia: «Ci proviamo, tieniamo aperto il dialogo fino a martedì. A me serve una soluzione che non riporti tutto al punto di partenza ». Per questo il segretario- premier non entra nel dettaglio, non indica una strada precisa durante il discorso di Milano. La chiave per trovare un accordo con la minoranza sul Senato elettivo rimane nascosta nei colloqui riservati tra i vari mediatori. Ma l’obiettivo del governo non è cambiato: non si tocca l’articolo 2, quello che disciplina la modalità di elezione dei senatori- consiglieri.
Le posizioni dunque sono ancora distanti. La sinistra e i renziani si avvicinano alla scadenza di domani (assemblea dei senatori) seguendo la regola “se vuoi la pace prepara la guerra”. Anche perchè Renzi è convinto, al di là della propaganda, che non ci saranno molte defezioni nella pattuglia dei 25 dissidenti Pd. Infatti ai collaboratori dice: «Noi dobbiamo dimostrarci disponibili. In modo che si capisca che chi dice no si assume la grande responsabilità di una rottura ». Insomma, spiega minaccioso, «tocca loro decidere se i voti di Verdini sono determinanti o meno». Dentro questo solco, il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti continua ora dopo ora a tenere la contabilità dei senatori. Un lavoro che prevede il pressing su alcuni ribelli, colloqui con parlamentari del centrodestra oggi vicini alla maggioranza, contatti con i senatori Pd non renziani ma favorevoli alla riforma che possono arrivare a colleghi dissidenti più facimente di lui. Alla festa dem di Frascati Lotti garantisce che il «dialogo non mancherà, fino in fondo. Ma dobbiamo approvare la riforma del Senato con o senza i loro voti. Non accettiamo il ricatto di un gruppo di 26 che ci vuole bloccare».
L’idea del listino (un elenco di consiglieri regionali votati dai cittadini destinati al Senato) rimane l’unica soluzione accettata da Renzi ma non fa breccia nel muro del dissenso. Pier Luigi Bersani punta sempre a un «accordo unitario», ma non vede come si possa immaginare una via d’uscita in cui «in un articolo si scrive una cosa e nell’altro una cosa diversa». Per di più, non in una legge qualsiasi ma nella Costituzione.
Sarà anche una guerra di nervi e di posizionamento, ma non c’è dubbio che entrambi gli eserciti preparano gli schieramenti. I 25 non sono disposti alla retromarcia in cambio di una soluzione pasticciata, dicono. Non solo: «Non possiamo essere quelli che abbaiano sempre alla luna », spiega uno di loro. Come dire: dopo una battaglia lunga e senza esclusione di colpi, è quasi impossibile rimangiarsi tutto davanti alla proposta iniziale del premier. A meno di non perdere la faccia. Renzi sa che questa dinamica avrà un peso. «Quando metteremo nero su bianco la nostra proposta di mediazione, 4 o 5 dissidenti la accetteranno ». Ma non di più, sono lontani i tempi in cui i ribelli si riducevano a Mineo, Casson e Ricchiuti. Ecco perchè la contabilità di Lotti viene continuamente aggiornata e stamattina sarà sulla scrivania di Renzi a Palazzo Chigi.
L’accordo politico non è vicino, ma la minoranza, se dovesse essere raggiunto, vorrebbe allargarlo anche ad altro. I bersaniani hanno già fatto sapere all’esecutivo che nella legge di stabilità bisogna assolutamente prevedere un capitolo sulla povertà, un impegno per arrivare anche in futuro al reddito minimo. Altrimenti sulla Tasi la battaglia non sarà soft. Ma il punto vero è quello della riforma. Sulla quale i renziani, senza molte speranze, attendono ancora la decisione ufficiale di Piero Grasso sull’emendabilità dell’articolo 2. Dalla fitta platea di Milano, Renzi ha tratto la convinzione che il dibattito sul Senato elettivo «sia poco sentito dalla base , incomprensibile ai più». Però è proprio su questa materia che la minoranza ha più armi in Parlamento. «Se la posizione e l’atteggiamento di Renzi sono quelli della festa milanese - dice il bersaniano Alfredo D’Attorre - un’intesa mi pare difficile». La sinistra insiste, come fa anche Roberto Speranza, a chiedere una “sintesi” al segretario. «Speriamo faccia la scelta giusta - sottolinea D’Attorre - . Per il momento sembra orientato a capire se ha i numeri senza la sinistra...».
Maria Elena Boschi e Anna Finocchiaro si sono sentite anche ieri. È la presidente della commissione Affari costituzionali ad avere scritto, d’accordo con il ministro delle Riforme, il lodo che prevede il listino. Ma non è detto che basti.